Corriere 28.9.17
Cercas: «Si rompe così la mia Spagna»
«Stiamo vivendo i momenti più tesi, difficili e pericolosi della democrazia»
Lo scrittore Javier Cercas è preoccupato dalla crisi catalana: «Il mio Paese si sta rompendo».
di Andrea Nicastro
BARCELLONA
Nel 1981 il tenente colonnello Antonio Tejero tentò di soffocare la
giovane democrazia spagnola per restituire il potere ai militari. Il
golpe fallì e la Spagna entrò in Europa per il suo periodo di maggior
prosperità da sempre. Javier Cercas studiò per anni quel colpo di Stato
per poi raccontarlo nel suo libro più celebre: «Anatomia di un istante».
Fuse psicologia di massa e ricerca storica, cronaca e letteratura.
Mette i brividi sentire proprio lui, scrittore catalano, usare parole
pesantissime per accendere tutti i segnali d’allarme.
«Stiamo
vivendo i momenti più tesi, difficili e pericolosi della democrazia. Con
enorme irresponsabilità i politici hanno creato le condizioni perché la
società si rompa. Viviamo nervosi, scomodi, insicuri. Abbiamo già visto
un clima simile nel 1934 e si arrivò alla Guerra Civile. Abbiamo
l’obbligo di impedire che succeda di nuovo. George Bernard Shaw diceva:
“L’unica cosa che si impara dall’esperienza è che l’esperienza non
insegna nulla”. Oggi non possiamo permetterci di non sapere e non
ricordare».
Per il referendum indipendentista di domenica non c’è stata neppure una sbucciatura. Perché è così allarmato?
«Perché
si è ribaltato completamente l’ordinamento giuridico catalano, senza
passare attraverso la legge. Come si chiama questo in italiano?»
Colpo di Stato?
«Esatto.
Un golpe ben fatto perché senza violenza, ma sempre un golpe. È un
attacco alla democrazia in nome della democrazia, che spende denaro
pubblico contro le autorità pubbliche. Paradossi per nulla innocui. In
democrazia la forma è sostanza e il fine non giustifica i mezzi».
Nei palazzi del potere catalano si sostiene il contrario: che anti democratico sia il governo spagnolo.
«I
nazionalisti hanno di sicuro vinto la battaglia propagandistica. Ho
letto un tweet di Edward Snowden che appoggiava l’indipendentismo.
Proprio lui, un uomo che ammiro. Lo giustifico perché vive in Russia e
non avrà potuto informarsi. Ma anche in Europa ci si ferma in
superficie».
Vada in profondità, allora.
«Il 6 e l’8
settembre si sono tenute due sessioni nel Parlament di Catalogna del
tutto irregolari, con l’opposizione fuori dall’aula per protesta. E si
sono approvate due leggi: quella per il referendum e quella cosiddetta
della “disconnessione” dalla Spagna, che gli stessi giuristi del
Parlament di Barcellona dichiararono contrarie allo Statuto catalano,
alla Costituzione spagnola e alla legge internazionale».
Madrid avrebbe permesso la consultazione?
«Anche
se nessuna Costituzione democratica prevede la secessione, la domanda
indipendentista resta a mio avviso legittima. Quel che non si può mai
fare, mai, è calpestare la Legge anche se per rispondere a un sentimento
degno. Si calpesta la democrazia e, quando saltano le regole, qualunque
cosa può accadere».
L’ex giudice Baltasar Garzón dice che la Procura generale spagnola sta esagerando.
«Possibile,
non so. Di certo i governi spagnoli hanno commesso moltissimi errori,
ma nessuno giustifica il golpe della Generalitat . Un esempio: i
repubblicani nel ’36 commisero un’infinità di errori politici, ma il
colpo di Stato violento che seguì resta un’aberrazione. E poi vediamo la
realtà: neanche il governo catalano ha voluto negoziare perché sedersi
al tavolo e risolvere il problema con un compromesso significherebbe
perdere potere».
Perché?
«L’immagine che lega questa crisi
all’ascesa del populismo in tutta Europa è del 2011. L’allora President
catalano Artur Mas si trovava assediato dalla folla inferocita per la
sua politica di tagli e sacrifici. Dovette entrare nel Parlament con
l’elicottero. Fu uno choc, ma invece di assumersi la responsabilità di
scelte impopolari, decisero di dare tutte le colpe a Madrid e
vagheggiare il paradiso dell'indipendenza. È un procedimento tipico del
populismo: la colpa non è mai nostra, ma di qualcun altro. In questo
caso della Madrid ladrona, come avreste detto in Italia».
C’è una soluzione democratica a questa crisi?
«L’hanno
già trovata nel Québec canadese. Bisogna costruire un procedimento
lento, com’è lenta la democrazia, e aprire una via legale».
In un voto legale lei sarebbe per la secessione?
«Esattamente
come se fossi lombardo mi separerei dalla Sicilia o se fossi finlandese
da quegli europei del Sud che cantano e non lavorano. Non scherziamo,
sarebbe tremendamente ingiusto e anche pericoloso. Io sono democratico,
europeista e di sinistra, non nazionalista. L’Europa è l’unica grande
utopia realistica che abbiamo inventato. Miglioriamola in senso
federale, ma teniamocela stretta, altrimenti ricominceremo a farci la
guerra tra noi».