Corriere 28,9.17
Corbyn ci crede: «Pronto a governare»
Il leader parla ai laburisti britannici da premier in pectore e sfida Theresa May: si faccia da parte
di L. Ip.
Brighton
Un congresso di partito? Pare di assistere a un’adunata messianica,
un’assemblea di fedeli in attesa dell’Eletto. La musica martella le
orecchie e quando lui finalmente appare sul palco, parte il coro: «Oooh,
Je-re-my Cooor-byn!». Il canto tribale va avanti per minuti, con il
leader laburista che non riesce neppure a cominciare il discorso.
Alla
fine, a fatica, la folla si placa e ripone sciarpe, bandiere e
striscioni. Solo allora Corbyn può prendere la parola: e lo fa per
proclamare che il partito laburista «è ormai sulla soglia del potere» e
che la sua squadra è «il governo in pectore della Gran Bretagna».
Tutti
i sondaggi gli danno ragione e la scorsa settimana anche l’ Economist
lo ha messo in copertina sulla soglia di Downing Street: con la mitica
porta al numero 10 dipinta di rosso.
Corbyn è arrivato al
congresso con un partito ormai unito (o in qualche caso rassegnato)
dietro di lui. E con il vento favorevole che gli gonfia le vele, si
permette di irridere gli avversari più che attaccarli: quei conservatori
«aggrappati al potere» che se non si danno una scossa «si tirino da
parte». Quindi la sfida diretta a Theresa May: «Faccia un’altra
passeggiata in vacanza e prenda un’altra decisione improvvisa». Cioè,
chiami il Paese a nuove elezioni, perché «il mio governo ombra è pronto a
prenderne il posto».
Poi Corbyn assesta una lezione al New Labour
di Tony Blair, i cui scampoli ancora si rodono a vedere il loro partito
guidato da quello che per decenni è stato il più estremista fra i
parlamentari: «Ci hanno sempre detto che le elezioni si vincono al
centro — chiosa Corbyn — e non è sbagliato. Solo che il centro di
gravità della politica si è spostato e siamo noi oggi il mainstream »,
la corrente maggioritaria.
La ragione di questo spostamento a
sinistra, nell’analisi del leader laburista, sta nelle conseguenze della
crisi finanziaria del 2008: «Finalmente ora la politica si sta mettendo
al passo», proclamando la fine di «quel modello fallito, forgiato da
Margaret Thatcher».
Una parte del discorso è dedicata alla Brexit,
una «questione vitale» sulla quale i conservatori «si stanno giocando
gli interessi della nazione». E la platea scatta in piedi in un lungo
applauso quando Corbyn proclama che «i tre milioni di europei che vivono
tra noi sono i benvenuti» e che il governo laburista «darà loro piene
garanzie».
Ma il leader non scioglie le contraddizioni del partito
sull’Europa. Durante la tre giorni congressuale si è evitato di mettere
ai voti una mozione che chiedeva la permanenza nel mercato unico,
perché si rischiava di spaccare l’assemblea. Corbyn assicura che si
impegnerà per mantenere al massimo i benefici del mercato comune, ma
dice che rispetterà i risultati del referendum e userà i poteri
rimpatriati da Bruxelles «per promuovere una strategia industriale in
Gran Bretagna», dunque svincolata dalle regole europee sugli aiuti di
Stato.
La conclusione è però univoca: «Dobbiamo essere pronti a
governare». E l’assemblea si scioglie cantando a squarciagola «Power to
the people», potere al popolo.