sabato 8 luglio 2017

La Stampa 8.7.17
Caselli: l’ex del Sisde commise fatti gravissimi
“La Suprema Corte non ha capito: quel reato esiste da sempre”
di Giuseppe Legato

«Che il dottor Contrada sia felice per questa sentenza sul piano umano e personale è addirittura ovvio. A riguardo nulla da dire. Resta il dovere della critica argomentata. Soprattutto in un caso che per il suo lunghissimo iter processuale è più controverso di quanto sia possibile immaginare».
Gian Carlo Caselli, la Cassazione ha revocato la condanna a carico di Bruno Contrada. Come legge questa pronuncia?
«Occorre aspettare la motivazione. Se fosse basata (come sembra) sulla sentenza della Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) - secondo me - come non aveva capito la Cedu allora, così oggi non capisce la Cassazione».
Cosa non avrebbero capito?
«L’una e l’altra ragionano in astratto, come in vitro, come se la mafia non esistesse».
Chiariamo subito: è una sentenza d’assoluzione?
«La Cedu e la Cassazione non prendono in esame i fatti specifici che portano alla responsabilità di Contrada. Quindi non si tratta di un’assoluzione per quanto riguarda i fatti. Che in ogni caso sono e restano gravissimi».
È corretto sostenere che anche se non fosse stato incriminato e condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, gli sarebbe stato contestato il favoreggiamento a Cosa Nostra?
«In teoria tutto è possibile ma nel caso concreto, il concorso esterno in associazione mafiosa (416 bis) ci stava tutto. E l’hanno confermato fior di sentenze sia di merito (una di Tribunale, due di Corte d’Appello) e che di Cassazione quando ha annullato l’unica sentenza che assolveva Contrada. Se anche fosse stato possibile ipotizzare il favoreggiamento o il concorso in associazione a delinquere semplice (art. 416), la configurabilità a pieno titolo del concorso in associazione mafiosa assorbiva, escludendola, ogni altra ipotesi».
Facciamo un esempio?
«Se si contesta un omicidio risponde di concorso anche chi ha fornito la pistola».
E quindi chi è stato Bruno Contrada?
«Tutte le sentenze di condanna a suo carico concludono dicendo che l’imputato ha dato il contributo sistematico e consapevole sia alla conservazione sia al rafforzamento di Cosa Nostra».
Quali furono i fatti contestati?
«Ci sono state “soffiate” per consentire la fuga di latitanti in occasioni di imminenti operazioni di polizia. Tre volte in favore del mafioso Saro Riccobono e una volta - nel 1981 - addirittura in favore di Salvatore Riina. Risulta che l’imputato si sia mosso con la Questura per far avere la patente a Stefano Bontate e a Michele Greco detto “Il Papa”. A monte delle soffiate c’erano amichevoli contatti con Bontate, Salvatore Inzerillo, Michele Greco e Salvatore Riina: tutti mafiosi ai vertici di Cosa Nostra. In sostanza, secondo un pentito, dire che Contrada era nelle mani di Cosa Nostra era come dire pane e pasta: tutti lo sapevano».
È sostenibile dire che Contrada non poteva sapere di commettere un reato visto che lo stesso non era - al tempo - sufficientemente chiaro?
«Contrada non poteva non sapere di violare la legge».
Strasburgo si è espressa, due anni fa, a favore di Contrada. Non andava processato né condannato perché il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non era chiaro. Sbaglia anche la Corte Europea?
«Il concorso esterno in 416 bis esiste da sempre, non l’ha inventato nessuno. La Cedu dice che ha cominciato a esistere dopo alcune oscillazioni giurisprudenziali. A me sembra assurdo. Queste oscillazioni sono sopravvenute a partire dal 1991, cioè ben dopo i fatti contestati al dottor Contrada. E poi se ci sono stati processi e condanne nei confronti di molti imputati che non erano il dottor Contrada, vuol dire che il reato esisteva già. L’elaborazione può intervenire soltanto su un reato già esistente».