il manifesto 2.7.17
«Insieme», una casa tanto carina. «Discontinui», ma solo col passato prossimo
Sinistra. Aria di centrosinistra che fu, nella piazza (ristretta) di Pisapia. Dominano le bandiere Mdp. Bersani: basta arroganza
di Micaela Bongi
ROMA
Le tante bandiere di Articolo 1 e quelle dei Verdi sventolano, i
palloncini arancioni volano in aria. Giuliano Pisapia ha appena
terminato il suo intervento dal palco romano di piazza Santi Apostoli
sotto la sede che fu dell’Ulivo, e Iseiottavi, la Rino Gaetano Tribute
band alla quale viene affidata la colonna sonora del pomeriggio, attacca
Il cielo è sempre più blu. È solo l’ultimo rewind, quello che chiude
poco prima delle otto di sera «Insieme», il lancio di una «casa comune
inclusiva e innovativa», promette l’ex sindaco di Milano.
«NASCERÀ
UNA CASA più grande e più bella… Dipende da voi, da tutti noi, la
costruzione di una casa in cui non saremo più da soli». Lo aveva detto
Piero Fassino, su quelle stesse note di Rino Gaetano, dieci anni fa,
chiudendo a Firenze il congresso che congedava i Ds per dare l’avvio al
Pd. «Da oggi parte la casa comune per una nuova sinistra, un nuovo
centrosinistra. Una casa comune che guarda al futuro e guarda al
passato. Non una fusione a freddo, ma una fusione a caldo», insiste ora
Pisapia congedando la piazza del 1 luglio per dare un nuovo appuntamento
a «Insieme» a settembre, quando «sceglieremo il nuovo nome, insieme»
anche per i nuovi gruppi parlamentari.
Il futuro e il passato da
non buttare tutti alle ortiche, come chiede Pier Luigi Bersani che,
intervenendo prima di Pisapia, rivendica gli anni ’90 perché allora
«abbiamo vinto ovunque, dall’Europa agli Stati uniti, proponendo una
globalizzazione dal volto umano. Economia di mercato sì, società di
mercato no, come diceva Jospin». Ma «discontinuità radicale» con le
politiche degli ultimissimi anni, chiede l’ex segretario del Pd e ripete
l’ex sindaco, il primo con un duro attacco a Matteo Renzi e al renzismo
(applauditissimo, del resto la piazza è appunto dominata dalle bandiere
di Mdp che Gad Lerner invita a sventolare con moderazione), il secondo
senza citare mai Renzi (forse anche per questo applaudito con meno
fragore) ma elencando i temi sui quali marcare la discontinuità.
E
chiarendo anche che «in tempi non sospetti avevo detto di considerare
un errore l’abolizione dell’articolo 18», scandisce Pisapia
«l’anti-leader» (lo definisce il «presentatore» Lerner), a segnare in
questo modo una distanza netta dall’attuale segretario del Partito
democratico che da Milano aveva attaccato a testa bassa una piazza messa
insieme dalla «nostalgia di un passato che non è mai esistito».
Non
a caso è attento, Pisapia, a cercare di allontanare quella sensazione
di «nostalgia» parlando ripetutamente di futuro, della necessità di
unire «indipendentemente dalle bandiere e dalle storie». Del resto
all’inizio della manifestazione il colpo d’occhio della piazza parla
molto del centrosinistra che fu, passeggiano – più o meno coinvolti
nella «nuova casa» – diversi ex ministri dei governi di Romano Prodi e
di Massimo D’Alema, da Livia Turco a Barbara Pollastrini a Giovanni
Maria Flick a Antonio Bassolino con seguito di fan… E applausi anche per
Massimo D’Alema, al suo arrivo nella folla. Passeggia poi Gavino
Angius, che fu capogruppo dei Ds. Ma ci sono anche Bobo Craxi che
ascolta seduto sulla sua bicicletta e si rivedono pure ex dc non
esattamente «ulivisti» o «unionisti» come Angelo Sanza, arrivato nel
Centro democratico di Bruno Tabacci dopo essere passato per Forza Italia
e per l’Udc.
IL RISCHIO REVIVAL è nell’aria. Anche se l’atteso
messaggio-benedizione di Prodi non arriva. E pure quello fusione a
freddo, come appunto evidenzia Pisapia seppure dicendo che «Insieme» non
ripeterà l’errore che riporta a quel congresso di Firenze e al Rino
Gaetano di dieci anni fa.
La scommessa è questa, la piazza è piena
solo perché il palco è stato montato in posizione strategica per
evitare vuoti, e dal palco e ai camion delle tv resta una fetta
piuttosto limitata. Certo è il primo luglio, è un sabato e venerdì a
Roma era anche festa e Pisapia dice «ci davano dei matti, ma ce
l’abbiamo fatta», salutando «la bellissima piazza».
Non c’è il
messaggio di Prodi ma ci sono i pontieri del Pd. Gianni Cuperlo, Cesare
Damiano e il ministro della giustizia Andrea Orlando ascoltano
attentamente da dietro il palco dove si è sistemato un gruppetto di
bersaniani. Il ministro in realtà cerca di spostarsi altrove, «siamo la
delegazione straniera», scherza, ma sotto il palco è difficile arrivare.
C’è il presidente della regione lazio Nicola Zingaretti e ascolta in
posizione un po’ arretrata il franceschiniano David Sassoli. Selva di
telecamere per la presidente della camera Laura Boldrini
Sul palco
si susseguono le «storie» vere – come le chiama Pisapia, raccontate da
Stefania Cavallo del centro antiviolenza di Tor Bella Monaca, Elvira
Ricotta della rete italiani senza cittadinanza, Alessio Gallotta che
parla della vertenza Amazon…
Poco prima della fine della
manifestazione è l’attore Claudio Amendola (tocco di romanità da
coniugare con la milanesità dell’anti-leader) a parlare esplicitamente
del rapporto con i dem, di una «forza che dovrà essere la sentinella del
Pd».
DAL PD RENZIANO la piazza è molto lontana. Ci sono anche i
giornalisti dell’Unità «rottamata dal Pd». «Ci rivolgiamo al popolo del
centrosinistra, disilluso, deluso, che sta a casa e ha ascolta il
comizio di Renzi e sente che le parole gli scivolando addosso, come
l’acqua sul marmo», dice ancora Bersani tra gli applausi. Perché «noi
abbiamo un pensiero, se ne prenda atto. Ma voi del Pd che pensiero
avete? Ora si sono liberati di D’Alema e il pensiero ce lo darà
Bonifazi… Basta voucher, basta licenziamenti collettivi e disciplinari,
basta stage che diventano lavori in nero, basta bonus, basta meno tasse
per tutti come dice Berlusconi. E basta arroganza, il mondo non gira
attorno alla Leopolda».
«Senza i più poveri, gli esclusi, questo
Paese non cresce. Lo sciopero del voto ci spinge a ridare dignità al
lavoro, solo così ripartirà lo sviluppo. Non si crea sviluppo
pensionando i diritti», dice ancora Pisapia citando Rodotà e chiedendo
la legge per lo ius soli.
«SIAMO PARTITI col piede giusto per
costruire un nuovo progetto politico, ora si tratta di allargarlo.
Stiamo andando verso le elezioni. Se questa forza avrà forza allora dopo
il voto riapriremo il confronto» con il Pd.
In piazza c’è la
delegazione di Sinistra Italiana (De Petris, Marcon, Fassina…), c’è
Pippo Civati. I «civici» del Brancaccio non ci sono. Quanto la casa sarà
grande e comune è tutto ancora da vedere .