lunedì 10 luglio 2017

Corriere 10.7.17
Una nuova forza xenofoba Per la politica ungherese una partita tutta a destra
di Maria Serena Natale

«È il più forte che vince». Potere bianco, culto della forza e dell’omogeneità etnica, esaltazione dell’appartenenza culturale e del legame con la terra, tanto da ripescare il concetto nazista del lebensraum , lo «spazio vitale». Sono i pilastri ideologici del movimento di estrema destra lanciato sabato scorso nella cittadina ungherese di Vecsés, alle porte di Budapest. Davanti ad appena trecento sostenitori e al monumento che celebra la vittoria dei magiari di Árpád sui bavaresi nella battaglia di Bratislava del 907, il leader della nuova alleanza «Forza e determinazione» Zsolt Tyirityan ha dichiarato guerra «al liberalismo che rende l’Europa invivibile e indifendibile, che toglie ai popoli la coscienza nazionale, l’identità razziale e lentamente anche quella sessuale». Al termine del comizio Tyirityan ha salutato un fan che gli chiedeva l’autografo su un testo, il Mein Kampf di Adolf Hitler.
Inquietante mix di xenofobia e omofobia che vuole imporre al discorso pubblico un linguaggio apertamente razzista e occupare lo spazio abbandonato da Jobbik, formazione di ultradestra anti europea e anti migranti spostatasi verso il centro e oggi sola alternativa al partito di governo nazional-populista Fidesz. È lo spregiudicato superamento del progetto di «democrazia illiberale» promosso in passato dallo stesso premier Viktor Orbán: manovre di riposizionamento in vista delle elezioni del prossimo anno nelle quali Orbán, al potere dal 2010, conta di conquistare il terzo mandato consecutivo.
Con la sinistra frammentata e ridotta al silenzio da sette anni di stretta su dissenso e informazione, la partita politica ungherese si gioca ormai tutta a destra. L’opposizione allo schema Ue di ripartizione dei richiedenti asilo diventa così una paradossale soglia minima per il governo Orbán, che si pone come argine alla presunta islamizzazione dell’Occidente e, sul piano interno, all’avanzata dell’ultradestra più violenta. In parallelo, Budapest non rinuncia a iniziative allarmanti come la campagna contro l’Università dell’Europa orientale e il suo fondatore George Soros: l’ambasciatore d’Israele ha appena chiesto all’esecutivo di ritirare una serie di manifesti anti Soros che richiamano il clima di paura e odio antisemita del passato più buio. Un contesto intricato dove, pur contrastando con la dovuta fermezza abusi e distorsioni dello Stato di diritto, Bruxelles non può neanche chiudere la porta al dialogo con un Paese cardine del Centro-Est che, in assenza di scatti democratici, pare avviato verso la scelta obbligata del male minore. «Come girasoli, gli ungheresi si sono voltati in massa verso il potere dell’uomo forte — ci ha detto la filosofa Ágnes Heller in un recente colloquio —. Poi sono appassiti».