Repubblica 15.6.17
Indagine shock in Lunigiana Ventitré
militari coinvolti: quattro arrestati, mentre per altri quattro scatta
l’ordine di lasciare i paesi dove prestavano servizio
Botte e abusi, la caserma dei violenti I carabinieri: “Siamo come la mafia”
Massimo Mugnaini Franca Selvati
FIRENZE.
«Quel che colpisce in questa storia non è solo la gravità dei fatti ma
anche e soprattutto la loro quasi normalità». Il procuratore di Massa
Aldo Giubilaro è turbato e sinceramente dispiaciuto nel comunicare la
“decimazione” della stazione dei carabinieri di Aulla, in Lunigiana, con
l’arresto di quattro militari e il divieto di dimora in provincia di
Massa Carrara per altri quattro. Una decisione che arriva al termine di
un’inchiesta, partita un anno fa dalla denuncia di un cittadino
italiano, che ha finito per investire le 27 persone indagate, 23
militari e quattro civili. I capi di imputazione contenuti nelle 208
pagine della misura cautelare disposta dal gip Ermanno De Mattia su
richiesta del procuratore Giubilaro e della pm Alessia Iacopini sono 136
e riguardano 109 episodi di abusi e irregolarità commessi in poco più
di un anno.
Abusi documentati anche da intercettazioni telefoniche
e ambientali. Violenze «sistematiche e metodiche», talvolta con l’uso
di una mazza telescopica di acciaio, uno strumento che può anche
uccidere. Verbali falsificati. Droga sequestrata che scompare. Stranieri
che si presentavano alla stazione anche solo per fare un documento e
venivano malmenati. Umiliazioni. In caserma sono stati sequestrati anche
dei manici di scopa. Un giovane cittadino marocchino, fermato per
spaccio, non sarebbe stato soltanto malmenato, tanto da finire poi in
ospedale, ma anche umiliato con una ispezione corporale per la quale è
stata contestata agli indagati una violenza sessuale.
«Era un mondo a parte», sospira un collega degli arrestati. «Sicuramente è mancato il controllo », commenta sconsolato.
In
carcere è finito un brigadiere della stazione di Aulla. Altri tre
sottufficiali sono ai domiciliari e quattro sono stati colpiti dal
divieto di dimora in provincia di Massa. Fra questi ultimi il
maresciallo comandante della stazione di Aulla, che è stato anche
sospeso dai pubblici uffici. Gli altri carabinieri indagati prestano
servizio, oltre che ad Aulla, nelle stazioni di Albiano Magra e Licciana
Nardi e al Nucleo radiomobile di Pontremoli. I reati contestati, a
vario titolo, sono lesioni, falso in atti pubblici (i verbali), abuso
d’ufficio, rifiuto di denuncia, sequestro di persona (una persona
trattenuta in camera di sicurezza), violenza sessuale, possesso
ingiustificato di armi (i coltelli trovati in casa agli indagati,
perquisiti lo scorso febbraio). «Dalle intercettazioni emergono prove
evidenti dei reati» ha scritto il gip Ermanno De Mattia, che ha
ravvisato i pericoli di reiterazione dei reati e di inquinamento delle
prove. Una conversazione intercettata è apparsa particolarmente
inquietante, perché si trattava di un patto del silenzio: «Da questa
caserma non deve uscire niente, dobbiamo essere come la mafia».
«Illegalità
e abusi erano quasi la normalità», ribadisce il procuratore Giubilaro,
che ha annunciato «con sincero dispiacere » — avendo al suo fianco il
comandante provinciale del’Arma dei carabinieri Valerio Liberatori —
l’esecuzione delle misure cautelari. Il procuratore sottolinea che le
misure hanno colpito «un numero ristretto di militari » e ha voluto
esprimere «ancora una volta», insieme con la sostituta Iacopini, «il più
incondizionato e alto apprezzamento » per l’Arma dei carabinieri. Ma ha
aggiunto: «Le misure prese sono dolorose, ma nessuno deve considerarsi
al di fuori e al di sopra delle leggi dello Stato».
Ad Aulla c’è
shock per gli arresti. Lo scorso 11 marzo, alcuni giorni dopo le
perquisizioni disposte dalla procura, qualche centinaio di persone
partecipò a una manifestazione di solidarietà nei confronti dei
carabinieri indagati. Erano presenti sindaci, amministratori e dirigenti
di partito. Furono distribuiti volantini di vicinanza all’Arma, sui
quali si leggeva: «La Procura sta mal interpretando la realtà della
strada, penalizzando l’esecuzione della nostra sicurezza. Conosciamo
bene quei ragazzi in divisa e conosciamo anche coloro che li hanno
accusati: sono quelli da cui ci proteggevano». Un lungo applauso e il
grido “Viva i nostri carabinieri” conclusero la manifestazione.
Molti
dei militari indagati sono difesi dall’avvocato Roberto Vallettini e
dal suo collaboratore, l’avvocato Gianpaolo Carabelli. Domenica scorsa
Roberto Vallettini è stato eletto sindaco di Aulla, alla testa di una
lista di centrosinistra: «Io — spiega — conosco i carabinieri sotto
accusa e mi sento di escludere i pestaggi. E non credo che gli eventuali
abusi fossero un sistema. Rispetto il lavoro della magistratura
inquirente però io faccio il lavoro della difesa. E come cittadino
rimango perplesso».