lunedì 5 giugno 2017

Il Manifesto 02.06.2017
Nelle sale «Ritratto di famiglia con tempesta»
il film di Hirokazu Kore-eda visto a Cannes 2016
Tra le macerie delle cose perdute, uomini soli in crisi d'identità Il regista mette in scena una delicatissima coreografia dei personaggi, dei dialoghi e dei sentimenti

di Giulia D’Agnolo Vallan
È difficile diventare chi volevi essere» dice, con una traccia di protesta nella voce, Ryota Shinoda a suo figlio Shingo, nell'ultimo film di Hirokazu Kore-eda, Umi Yorimo Mada Fukaku. Un titolo, presentato in prima mondiale a Cannes 2016, nella traduzione italiana diventato Ritratto di famiglia con tempesta ma che - ci dice il press book- in giapponese significa «più profondo del mare», e viene dal testo di una famosa canzone della popolare cantante Teresa Teng. GIRATO in un complesso di case di Tokyo, dove lo stesso Kore- ed ha vissuto con sua madre, tra i nove e i ventotto anni, dopo la morte del papà, e nella cui malinconica decrepitezza aleggia l'ombra di fallimento che strega il personaggio, After the Storm è un altro dei bellissimi racconti famigliari a cui il regista ha dedicato i suoi ultimi lavori. Dopo il mondo femminile di Our Little Sister, al cuore della storia è un personaggio maschile. Non un uomo inflessibile - con gli altri e con se stesso- come il padre di Like Father Like Son, ma un uomo spezzato, deluso di sé, e che ha deluso chi gli sta intorno. Dopo quel primo libro che ha fatto parlare di lui come di una grande promessa letteraria, e irritato la sua famiglia che si è riconosciuta nella trama, Ryota (Hiroshi Abe - bello, ombroso, stropicciato e in pateticamente insicuro) non è più riuscito a pubblicare niente. LUI DÀ LA COLPA ai tempi che E SPIA DA LONTANO la ex moglie con il suo nuovo compagno, che è l'esatto contrario di lui: affidabile, affettuoso, di successo, competitivo, presente con suo figlio con cui gioca a baseball e a cui insegna valori completamente diversi da quello di Ryota. Inadempiente come scrittore, figlio, marito, padre e fratello, Ryota vive paralizzato dall'abisso che esiste tra la sua realtà e quelle che erano le sue aspirazioni, sommerso dalla tonnellata di promesse infrante e bugie inutili dietro a cui si difende, e dall'eredità di un padre «poco di buono» come lui. «GLI UOMINI non sanno esistere nel presente, pensano sempre alle cose che non sono riusciti a fare in passato e a quelle che non riusciranno a fare in futuro», gli dice un giorno sua madre (interpretata da Kilin Kiki, senza la cui partecipazione, ha detto Kore-eda, non avrebbe fatto questo film), che lo appoggia incondizionatamente pur riconoscendo i suoi limiti. «Per quello non amano la vita». È con l'aiuto dell'anziana signora, e del meteo, che il film si cristallizza d'improvviso in puro presente, quando Ryota, suo figlio, la ex, e la mamma, si trovano intrappolati, per un'intera notte, da un grosso tifone - il 24esimo, dicono le news, nel giro di pochissimo tempo. MENTRE FUORI infuria la tempesta, e la pioggia scrosciante cancella quasi completamente l'esistenza del mondo esterno, nelle piccole stanze piene di ricordi del vecchio appartamento di famiglia, in un quartiere alberato lontano dal centro della città, Kore-eda mette in scena una delicatissima coreografia dei personaggi, dei dialoghi e dei sentimenti; in cui, dalle macerie di cose preziose perdute per sempre («non capisco come le cose siano arrivate a mettersi così», dice uno dei personaggi) , dalla malinconica accettazione di quanto certi sogni siano irrealizzabili, dall'amarezza dei rimpianti, sboccia il senso di una realtà nuova, più profonda - degli affetti e delle identità. Quando, il mattino dopo - e dopo la tempesta - i personaggi escono alla luce del sole, nessuno è cambiato. Però è tutto diverso.