Internazionale 6.5.2017
Tutte le sfumature dei sentimenti
Il modo in cui definiamo le emozioni ci aiuta a gestirle. Per questo sarebbe importante imparare parole di altre lingue
Nella lingua bantu il termine mbuki-mvuki descrive l’impulso irresistibile di sbarazzarsi dei vestiti mentre si balla. In tagalog il kilig è quella specie di fremito nervoso che ci assale quando parliamo con una persona che ci piace. Invece, in olandese, uitwaaien indica gli effetti rivitalizzanti di una passeggiata all’aperto in una giornata ventosa. Questi e altri termini che descrivono esperienze emotive particolari sono state raccolte da Tim Lomas, un ricercatore della University of East London, nel progetto Positive lexicography. Come scrive David Robson sul sito della Bbc, l’obiettivo di Lomas è trovare in tutto il mondo le parole che catturano le varie sfumature dei sentimenti, nella speranza di poterle usare in futuro anche nella nostra vita quotidiana. Ci sono parole che sembrano strettamente legate alla cultura in cui sono nate. Come racconta la scrittrice francomarocchina Leïla Slimani sul sito Le 360, il termine arabo hogra indica “l’umiliazione e il sentimento di disprezzo provati dalle vittime di un abuso di potere”. La parola è molto usata nei paesi nordafricani, come l’Algeria e il Marocco, ma in realtà è un termine “universale, che risuona come una richiesta d’aiuto da parte di tutti gli emarginati”. Nella lingua tedesca, invece, il termine Wutbürger indica il “cittadino arrabbiato”. In un articolo sul New York Times il giornalista tedesco Jochen Bittner spiega che la parola ha assunto una connotazione negativa perché è associata alle recenti manifestazioni xenofobe e populiste in Europa e negli Stati Uniti. Alcuni termini stranieri sono già stati adottati anche in altre lingue, come il portoghese saudade (la nostalgia o il desiderio melanconico per una persona o un luogo) e il tedesco Sehnsucht (lo struggimento nostalgico verso qualcosa o qualcuno che non si può avere). Tuttavia molte esperienze restano “intraducibili”. Studiosi come Lomas pensano che queste parole straniere potrebbero aiutarci ad avere una comprensione di noi stessi più completa e ricca di sfumature e, soprattutto, potrebbero incidere sul nostro benessere a lungo termine e sul nostro modo di interagire con gli altri. La precisione è importante Familiarizzare con certe espressioni potrebbe infatti aiutarci a focalizzare la nostra attenzione su sensazioni fuggevoli che generalmente ignoriamo. La Bbc cita gli studi della psicologa canadese Lisa Feldman Barrett, che insegna alla North eastern university e ha dimostrato l’importanza della nostra capacità di riconoscere e catalogare le emozioni. Barrett aveva notato che alcune persone usano termini poco precisi per esprimere emozioni diverse, mentre altre le definiscono con estrema precisione. Alcuni parlano di ansia, paura, rabbia e disgusto per descrivere una sensazione generale di malessere e sofferenza. Altri, invece, sanno individuare sensazioni e sentimenti distinti, a cui si associano comportamenti diversi. Barrett ha ideato un modo per misurare la “granularità emozionale”, ma soprattutto ha scoperto che le modalità con cui definiamo le emozioni influiscono sulla nostra capacità di gestirle. Saper stabilire con precisione se quella che proviamo è disperazione o ansia potrebbe aiutarci a decidere come porre rimedio a quel sentimento: per esempio, se sfogarsi con un amico o guardare un ilm divertente. Essere in grado di riconoscere la speranza dopo una delusione potrebbe aiutarci a cercare nuove soluzioni. Le persone che hanno un alto livello di granularità emozionale sono in grado di riprendersi più rapidamente da uno stress. Marc Brackett, dell’università di Yale, ha scoperto che insegnare a bambini di dieci anni un vocabolario emozionale più ricco li aiuta a raggiungere risultati migliori a fine anno e li incoraggia a comportarsi meglio in classe.