Il Fatto quotidiano, 27.5.2017
Ma omosessuali si nasce o si diventa?
Lo psichiatra. Il tema dell'identità è un caleidoscopio che pone molte domande, in parte sbagliate e in parte senza risposta
Di Vittorio Lingiardi
La nostra identità, il modo in cui la percepiamo e la rappresentiamo, è il risultato di un dialogo psicobiologico e culturale complesso e in buona parte ancora sconosciuto. Fantasie, comportamenti e desideri (sessuali e non) sono così personali da rendere piuttosto arduo il compito di creare categorie generali e sufficientemente esplicative. Questo non deve scoraggiare, dal punto di vista scientifico, quei tentativi di sistematizzazione che possono rivelarsi utili per orientarsi in un mondo in cui non ci sono mappe. E se ci sono, sono sicuramente più semplificate del territorio che pretendono di mappare. Iniziamo quindi a tracciare alcune distinzioni fondamentali, sapendo che quando ci sembreranno troppo rigide potremo renderle più flessibili e quando saranno troppo flessibili andranno meglio strutturate. UNA PRIMA importante distinzione è quella tra genere/ orientamento sessuale. Molti sovrappongono queste categorie, che sono invece distinte. Il genere è l'esperienza psicologica, culturale e inevitabilmente sociale delle categorie di maschile e femminile. Il sesso, invece, designa l'individuo dal punto di vista della sua anatomia e biologia sessuale. L'orientamento sessuale, dunque, riguarda il sesso della persona che ci attrae sul piano erotico e affettivo. Se il genere risponde alla domanda "chi sono?", l'orientamento risponde alla domanda "chi mi piace?". Al tempo stesso, però, una completa indipendenza tra genere e orientamento è un'opzione solo teorica. Come può, per esempio, una persona omosessuale non "mettere in discussione", prima di tutto nella propria esperienza, i dispositivi etero normativi che, assegnando compiti e ruoli, finiscono per costruire ciò che comunemente viene considerato "uomo", "donna", "maschile", "femminile"? Il rapporto tra genere e orientamento è dunque assai articolato: due dimensioni che mai coincidono ma si costruiscono reciprocamente, plasmando ed essendo plasmate sia dalla biologia sia dall'ambiente. Un altro chiarimento riguarda l'antico dualismo natura/cultura. Molti chiedono e si chiedono: omosessuali si nasce o si diventa? L'orientamento sessuale è figlio dell'educazione e delle interazioni sociali, il risultato di peculiari relazioni familiari, conseguenza di un'esperienza traumatica, oppure è "soltanto" una faccenda di geni e di ormoni? Domanda inevitabile, ma sbagliata. Perché determinata da due pregiudizi. Che tutti nasciamo come tabulae rasae , pronte a essere plasmate dall'esterno: educazione, ambiente, esperienze. Oppure che nasciamo già programmati per specifici gusti, desideri, comportamenti. L'errore è nel pensare che a questa domanda si possa rispondere in modo binario e univoco. Invece la vita è fatta di sfumature (e speriamo non tutte di grigio). Il dibattito che contrappone il ruolo della natura a quello della cultura dovrebbe essere lasciato cadere. Abbiamo geni che codificano alcune nostre attitudini, ma lo sviluppo del loro potenziale potrebbe richiedere determinate condizioni esterne. Nel caso dell'orientamento sessuale, anche qualora fosse dimostrata una sua determinante genetica, saremmo probabilmente di fronte a una regolazione multigenica e comunque mediata da più fattori. Se paragonata a una tabula rasa la nostra eredità evolutiva è molto ricca, ma assai povera se paragonata alla complessità storica e psicologica di un individuo realizzato. IL TERZO GRANDE tema è maschile/femminile. Dobbiamo pensare al genere come, direbbe Judith Butler, a una specie di "imitazione di cui non c'è l'originale". Un recente numero della rivista National Geographic raccontava e illustrava le molte facce dell'identità e dei ruoli di genere, dagli stereotipi più prepotenti alle identità, cosiddette atipiche, che si manifestano fin dalla prima infanzia. E anche qui è importante distinguere tra bambini o bambine che presentano caratteristiche outsider rispetto al genere (quelli che una volta venivano definiti "femminucce" e "maschiacci ") e quelli che presentano una vera e propria "disforia di genere", cioè una "marcata incongruenza" tra il genere esperito/espresso da un individuo e il genere assegnato alla nascita, cui si associa una sofferenza clinicamente significativa. La "disforia di genere" ha di solito, ma non sempre, un inizio precoce, attorno ai 2-5 anni, ma solo in alcuni casi (10%-30%) persiste dopo la pubertà. Famiglie, insegnanti, medici vanno aiutati a riconoscere, conoscere e comprendere il fenomeno, senz'altro multifattoriale, della varianza e della disforia di genere. IN CONCLUSIONE, il tema dell'identità (sessuale e di genere) è un variegato caleidoscopio che pone molte domande a cui non sempre sappiamo rispondere. A cui dobbiamo provare a rispondere in modo scientificamente informato, libero da pregiudizi, capace di cogliere la molteplicità delle esperienze individuali. © RIPRODUZIONE RISERVATA