il manifesto 8.12.16
Vendola: «Sinistra stampella di Renzi? Fantapolitica»
Alleanze
. Il presidente di Sel: la proposta di Giuliano Pisapia? Fatta a
prescindere dalle politiche del premier. Significa non aver capito lo
tsunami del No. Io sarei diventato estremista? Ho molte esperienze di
governo, ho combattuto il radicalismo, ma ora il problema mi sembra il
governismo a oltranza
di Daniela Preziosi
ROMA
Presidente Vendola, Giuliano Pisapia lancia «Campo largo», una
formazione di sinistra che si allei con Renzi. Ma non sarà il suo
«campo».
Quella di Pisapia è una proposta, direbbe Totò, a
prescindere: dall’esito referendario, dalla crisi del paese, dallo
sfaldamento del centrosinistra per mano renziana. È una proposta in
buona fede ma disancorata dalla realtà. Persino retrodatata, sembra
un’intervista fatta prima del referendum immaginando un esito diverso.
Difficile interloquire su questa base. Come ha detto Enrico Rossi,
sembra una stampella per il renzismo declinante.
Dei suoi nessuno ha detto sì, neanche quelli in disaccordo con la strada imboccata da Sinistra italiana.
Tutte
le sinistre si sono incontrate nel referendum. La Cgil,
l’associazionismo, l’Anpi, noi, la sinistra del Pd. Il referendum è uno
spartiacque. Quella di Pisapia è un’idea fondata su alchimie
politicistiche e un vago sentimento unitario. Noi dobbiamo ripartire
dall’analisi di cosa ha generato lo tsunami che ha travolto il Pd, da
quel 60% che ha votato No.
Che però in larga misura non è di sinistra.
È
successo un fatto enorme: a dispetto della cosiddetta antipolitica, e
capovolgendo la deriva astensionistica, c’è stata una mobilitazione
democratica inimmaginabile: per dire No,non solo allo sfregio alla
Costituzione, ma anche allo sfregio fatto alla scuola, alla condizione
del lavoro, alla democrazia delle comunità territoriali. Appunto: i
famosi mille giorni di Renzi. Le riforme non sono un bene in sé, se
peggiorano le condizioni materiali di vita di milioni di persone, se
diventano una minaccia, è ridicola la retorica di un riformismo senza
alcuna qualificazione sociale. La verità è che stanno venendo al
pettine, nel mondo, i nodi di un riformismo capovolto, quello per cui le
sinistre moderate si danno dell’agenda della destra economica,
ovviamente addizionate di frammenti di welfare e di diritti civili.
Senza lo schermo e il fascino di Obama, pure il Partito democratico
americano appare come un re nudo. Il socialismo europeo è un re nudo. Il
renzismo è dentro la crisi verticale del riformismo. Dico a Pisapia: ma
come si può evitare di guardare in faccia le politiche sociali di
Renzi? Come si può dimenticare che il suo Pd ha portato a casa il
programma di Berlusconi, a partire dall’art.18?
Sta dicendo ’mai più governi di centrosinistra’.
No.
Dico che se la contesa è tra liberismo selvaggio e liberismo temperato
alla fine vinceranno i Trump e il populismo reazionario. Se la bandiera
impugnata in Europa è quella di qualche grammo di flessibilità, può
vincere Salvini.
Il Pd di Renzi è così diverso da quello di Bersani con cui vi siete alleati?
Renzi
certo non lo ha portato la cicogna, è nato dentro la crisi del Pd, che
ha progressivamente smaltito il suo legame col mondo del lavoro
subordinato, e da ultimo è frutto di quella coazione al naufragio che ha
spinto il centrosinistra nelle secche del montismo.
Ma voi vi siete alleati con il Pd dopo il governo Monti.
Su un programma elettorale che sulla carta liquidava il montismo. Ma solo sulla carta.
Prima parlava del No. C’è pure qualcuno di sinistra che ha votato Sì. È irrecuperabile?
Non
dico questo, nessuna preclusione. Dico che i compagni che hanno votato
Sì hanno creduto alla retorica del ’caos’. Ma il caos c’è quando la
sinistra rinuncia a essere speranza e cambiamento. Questo voto è una
fotografia sociale: della disperazione del sud, della spoliazione di
futuro dei giovani. Evocare il lupo mannaro del populismo è
autoconsolatorio.
Anche la sinistra Pd ha criticato la proposta
Pisapia. Che sembra una manovra interna al Pd. Tant’è che è stata
elogiata da Renzi in direzione.
Non lo so. Ma una sinistra
subalterna alla cultura renziana è una suggestione fantapolitica. E ai
nostalgici del centrosinistra voglio ricordare che il programma sulla
base del quale il Pd ha preso i voti è il contrario dei mille giorni di
Renzi.
Sel è alle ultime battute. Lei ne fa un bilancio molto amaro, «una forza ambiziosa ma ingenua». È andata così male?
Sel
è stata una bella anomalia, nata da tante storie che era riuscita a
riarticolare una speranza che travalicava il nostro consenso elettorale.
Ha interloquito con quello che sembrava l’autocritica del socialismo
europeo. Che invece poi si è alleato con il blocco conservatore di
Merkel. Noi abbiamo sempre avuto la capacità di giocare a tutto campo
una partita politica, con la vicenda dei sindaci, dei governatori, anche
con l’elezione dei vertici dello stato. Non siamo mai stati una ridotta
minoritaria, senza mai rinunciare a essere un’alternativa. Ma siamo
stati sconfitti.
Alcuni dei sindaci, come Zedda e Pisapia, non
verranno con voi. Neanche Cofferati. Perché perdete persone importanti
per la vostra storia?
Abbiamo perso Cofferati? Non credo. Si è una
creatura appena nata. Tutti insieme abbiamo il dovere di rifondare un
progetto di trasformazione. Le preoccupazioni, sia sulle pulsioni
minoritarie che su quelle governiste, vanno sciolte in un dibattito
limpido, plurale, che ha un tratto comune: l’alternatività al renzismo.
Al renzismo e non al Pd in sé?
Quello
che sarà il Pd non lo sappiamo. Io di esperienze di governo ne ho fatte
molte. È curioso che ora mi si appiccichi l’etichetta di estremista o
di minoritario.
Alle elezioni, forse non lontane, Si che dovrebbe fare?
Evitare
di discutere in astratto di alleanze. Radicarsi nella società italiana
come un soggetto popolare e dell’innovazione, sapendo che le alleanze
necessarie o corrispondono a un sentire largo e a interessi sociali
limpidi oppure sono solo episodi della vita di palazzo.
C’è chi dice che vi avviate verso un ’cartellino elettorale’ della sinistra radicale.
Altra
obiezione curiosa. Io e tanti insieme a me abbiamo combattuto battaglie
contro il minoritarismo e l’autosufficienza di una certa sinistra
radicale, contro sia la propensione al governismo ma anche quella al
radicalismo. Ma per essere franco oggi il problema non è il radicalismo:
mi pare un feticcio polemico.
In ogni caso potreste tornare insieme, da alleati, con il Prc.
Sì,
ma è una discussione pretestuosa: conta la qualità del progetto
politico. Rifondazione, lo dico con rispetto, mi pare poca cosa nella
società italiana. Comunque le diaspore della sinistra sono state
infinite, non si ricostruisce dai rancori ma mettendo al primo posto una
sinistra utile al paese.
Renzi sale al Quirinale. Cosa deve fare il futuro governo?
Renzi
deve uscire da Palazzo Chigi, serve un governo di scopo senza lui per
una buona legge elettorale, proporzionale, e un’agenda circoscritta. Per
andare al voto quanto prima.
E il ruolo di Vendola, dopo il ’sabbatico’, quale sarà?
Senza
più l’incarico di segretario di partito, ma con tanta voglia di fare
politica. Per quelli come me la discussione sulla politica, cioè sulla
vita, è irrinunciabile. Mi piacerebbe dare una mano al nuovo soggetto,
stando di lato.