giovedì 15 dicembre 2016

Corriere 15.12.16
Boldrini: «Ora la sinistra torni unita. E Renzi tenga conto del No»
La presidente della Camera Laura Boldrini: serve il dialogo con i sindacati. In Gentiloni c’è un’evidente discontinuità: lo stile. Jobs act, i voucher hanno creato più precariato
intervista di Aldo Cazzullo

Presidente Boldrini, come le sembra il governo Gentiloni? Non c’era l’aspettativa di un cambiamento? Non le pare che questa aspettativa sia stata tradita?
«Una discontinuità c’è, ed è evidente: lo stile del presidente del Consiglio, che è stato notato da tutti, anche in Aula».
Ad esempio?
«Ad esempio Gentiloni ha detto subito che la legge elettorale sarà prerogativa del Parlamento, e che il governo avrà il compito di accompagnare».
Tutto bene quindi?
«Anch’io mi sarei aspettata qualche segnale in più di cambiamento. Colgo però nel premier questo differente modo di relazionarsi. Ora il Pd dovrà cogliere il malessere del Paese che si è manifestato con il referendum. Altrimenti saranno altri a farlo, a loro modo: con slogan efficaci ma non praticabili; con ricette che non funzionano».
Come l’uscita dall’euro?
«Sì. E come la gestione dell’immigrazione. La realtà è più complicata degli slogan. Mi auguro che la sinistra, e soprattutto il Pd, riprenda il dialogo con le forze sociali, con i corpi intermedi. Le riforme vanno bene quando si coinvolgono i sindacati, che hanno il compito di trasferire a chi è al potere le istanze delle persone, e di spiegare alle persone il senso delle riforme che hanno condiviso. Altrimenti si crea il cortocircuito. E si verifica il paradosso per cui riforme che stabilizzano decine di migliaia di persone, come quella della scuola, finiscono per creare molti disagi».
Cosa deve fare Gentiloni secondo lei?
«Il governo precedente ha fatto cose positive, come la legge sulle unioni civili, ma anche altre su cui il nuovo dovrà aggiustare il tiro. I voucher del Jobs act hanno creato ancora più precariato: bisognerà rimetterci le mani in tempo utile. I grandi patrimoni devono pagare di più; il lavoro deve essere meno tassato. È questo che deve fare la sinistra, piuttosto che togliere l’imposta sulla prima casa a chi, possedendo grandi proprietà, potrebbe pagarla. I giganti del web devono pagare le imposte nei Paesi in cui fanno affari d’oro, non là dove le imposte sono più basse. La sinistra si deve riappropriare dei suoi valori che ha considerato desueti: combattere le disuguaglianze, lottare contro le nuove forme di schiavitù, tra i migranti ma anche tra gli italiani. E arginare i danni della globalizzazione, che ha creato un nuovo esercito di espulsi: lavoratori cui vengono negate la dignità, la sopravvivenza».
Lei si candida a riorganizzare l’area a sinistra del Pd?
«È una sfida di tutta la sinistra, in cui il Pd è il partito più grande. Una volta letto il malessere sociale, bisogna creare dei correttivi. Il Sud e i giovani hanno votato in massa No, non solo per amore della Costituzione, ma per protesta verso il sistema che li esclude».
Lei cos’ha votato?
«Non lo dico perché il mio ruolo mi richiede terzietà, e anche perché penso non sia utile alla discussione futura. Nel campo progressista c’è chi ha votato No, e c’è chi ha votato Sì. Bisogna essere maturi e generosi, capire che la posta in ballo è troppo grande. Bisogna saper guardare oltre. Se alle prossime elezioni si vuole vincere non c’è altra alternativa che tornare insieme, e ritrovare il terreno comune. Se no ci dobbiamo assumere la responsabilità che al governo vadano altri».
Pisapia propone di costruire una forza di sinistra che si allei con il Pd. Lei cosa ne pensa?
«Ho appena detto che bisogna ritrovare un terreno comune, e quindi apprezzo lo sforzo di Pisapia. Però prima che di alleanze dobbiamo parlare di programmi. Io mi voglio alleare innanzitutto con le persone che ho incontrato nelle periferie delle grandi città, allo Zen, al Corviale, a Quarto Oggiaro, a Scampia, dove tornerò lunedì prossimo. Persone che resistono, aggregano, combattono il degrado e lo spaccio. Lì sono i laboratori di politica. Si fa più politica lì che nelle riunioni in cui si parla di alleanze e di schemi. Ci dobbiamo alleare con i soggetti che danno risposte a problemi concreti, e anche con i delusi che non ci credono più ma aspettano un richiamo: se gli proponi qualcosa di utile e di importante, sono pronti a esserci. Non cadiamo nella trappola dell’alleanza precostituita. Questo approccio non funziona».
Lei parla come se Renzi non fosse più in campo. Ma resta il segretario del partito. Cosa dovrebbe fare?
«Non sta a me decidere il suo futuro. C’è una discussione aperta nel Pd, che non ha certo bisogno dei miei consigli. Ma non si può fare finta di niente, come se il voto referendario non ci fosse stato; bisogna leggerlo e dargli una risposta adeguata in termini di nuove politiche. La priorità non può essere il ponte sullo Stretto; la priorità è la messa in sicurezza del territorio, e lo dico oggi che la Camera ha appena approvato all’unanimità il decreto sul terremoto. E poi dobbiamo ripartire dal Sud: Gentiloni ha fatto bene a istituire un nuovo ministero. E al Sud servono investimenti pubblici e privati sulla scuola, sull’università, sulla ricerca e per creare lavoro».
La legislatura deve arrivare alla fine?
«Sarà il Parlamento a decidere. Fino a quando c’è la fiducia e c’è una maggioranza, il governo continua».
Quanto pesa il vitalizio?
«Non lo so. Le cose che pesano sono altre. È uno degli aspetti; non può diventare il centro del dibattito. Il vitalizio non c’è più dalla scorsa legislatura: i deputati versano i contributi, come tutti. Se la legislatura arriva alla fine, prenderanno la pensione quando avranno 65 anni; altrimenti i soldi versati saranno loro restituiti. Bisogna fare chiarezza. Altrimenti il clima di calunnia genera aggressioni gravi».
Si riferisce a Osvaldo Napoli «arrestato» dai manifestanti all’uscita della Camera?
«Ho già espresso solidarietà a Napoli. Gentiloni l’ha detto in Aula: no alla violenza nel dibattito politico. E io aggiungo: no alle aggressioni via social network, no a una società inquinata dall’odio. Le bufale della rete non sono goliardate: sono menzogne decise a tavolino per sporcare le persone, per alimentare la rabbia popolare. Non possiamo lasciare soli i cittadini a gestire subire l’inquinamento della rete. Ho incontrato i vertici di Facebook, ho fatto richieste precise e continuerò a incalzarli».
Magari fossero solo menzogne. Non crede che questa legislatura non sia riuscita a dare il segno di una svolta nell’uso del denaro pubblico?
«Alla Camera, per la prima volta nella storia della Repubblica, abbiamo tagliato 270 milioni di euro e ridotto la spesa in modo consistente. Non è una quisquilia. È un segnale chiaro e forte di discontinuità».
La legge elettorale la farà la Consulta? O il Parlamento?
«Il Parlamento può iniziare a discutere. Ci sono varie proposte di legge, altre ne arriveranno. Ma certo non si potrà prescindere dalla sentenza della Consulta».
La entusiasma il ritorno al proporzionale?
«Non esiste la legge perfetta. Hillary ha avuto molti voti più di Trump, e ha perso. Bisogna trovare una sintesi tra due esigenze: rappresentanza e governabilità».
E il Mattarellum?
«È una base su cui ragionare. Una formula che di sicuro sarà all’attenzione del Parlamento».