venerdì 21 ottobre 2016

Repubblica 21.10.16
Perché No
intervista a Claudio De Fiores, professore ordinario di Diritto costituzionale alla Seconda Università degli Studi di Napoli
“C’è il rischio di nuovi abusi del governo”

ROMA. La proroga di 30 giorni per la conversione dei decreti in caso di rinvio del Quirinale alle Camere non è un modo, professor Claudio De Fiores, per garantire effettivamente questo potere del presidente?
«A ben vedere ciò che si garantisce è innanzitutto il potere normativo del governo. Attraverso questa disposizione si vuole impedire che il Capo dello Stato, esercitando il potere di rinvio di una legge di conversione in prossimità della scadenza, provochi la decadenza del decreto governativo».
L’introduzione in Costituzione dei limiti ai decreti non è un argine contro eventuali abusi del governo?
«In realtà siamo di fronte a un maquillage normativo. La riforma si limita a recepire alcuni vincoli già fissati dalla giurisprudenza costituzionale ed altri già esplicitati nella legge 400 del 1988. In Costituzione non vengono introdotti nuovi limiti di contenuto, così come la Bicamerale aveva provato a fare specificandone i presupposti (calamità, esigenze finanziarie, sicurezza), ma piuttosto confermati quelli già esistenti. E nemmeno tutti. Mi riferisco alla possibilità, espressamente riconosciuta al governo dal nuovo articolo 77, di intervenire con decreto in un ambito delicato come la materia elettorale».
Le nuove norme dovrebbero impedire il varo di decreti carrozzone o “assalti alla diligenza” da parte del parlamento. Non è positivo tutto questo?
«Il nuovo articolo 77 più che sanare le croniche patologie della decretazione rischia di aggravarle e più che degli assalti del Parlamento mi preoccuperei di quelli del governo. Con la riforma anche la legge di conversione è assoggettata a un procedimento monocamerale. Non è necessario avere una palla di vetro per prevedere, accanto alle vecchie, l’emersione di nuove forme di abuso, soprattutto nei casi in cui il governo, per rompere le resistenze di un Senato riottoso, dovesse decidere di procedere per decreto, sottraendogli il voto su alcune leggi bicamerali».