sabato 29 ottobre 2016

La Stampa 29.10.16
Giacomo Balla
Auto, aerei e cani al guinzaglio inseguono la velocità futurista
Alla Fondazione Ferrero di Alba si apre oggi la grande mostra dedicata agli anni cruciali della carriera di un maestro del ’900
di Francesco Poli

Giacomo Balla è una figura fondamentale dell’evoluzione e rivoluzione dell’arte italiana dalla fase del realismo sociale e divisionista a cavallo fra ’800 e ’900, a quella dell’avanguardia radicale del Futurismo. Di questo movimento è stato tra i primi firmatari nel 1909 e 1910, direttamente coinvolto da Umberto Boccioni e Gino Severini che erano stati suoi allievi a Roma. Però Boccioni, nel 1912, considera la sua pittura ancora troppo legata al divisionismo, non in linea con le proprie teorie del dinamismo plastico, tanto che nella storica mostra del gruppo alla Galerie Berheim-Jeune a Parigi, pur comparendo in catalogo la sua irraggiante composizione Lampada ad arco (che si trova oggi al MoMa di New York) non viene esposta.
Balla non se la prende, e sembra comprendere le ragioni di questa critica, ma prosegue con coerenza le sue ricerche incentrate sul tema che più lo coinvolge e lo affascina: quello della luce. Tutto ciò segnala in modo significativo l’autonomia della sua visione creativa, sempre libera da suggestioni cubiste, che se da un lato rimane entusiasticamente legata allo spirito futurista, dall’altro lo porta a risultati di straordinaria novità, tanto da poter essere anche annoverato fra gli iniziatori della pittura astratta (più o meno nello stesso periodo di artisti come Kandisky, Kupka o Ciurlionis, sia pure con valenze diverse). Anche negli sviluppi successivi in cui affronta i temi del movimento e della velocità, e progetta con l’amico Depero la «ricostruzione futurista dell’universo», Balla manterrà sempre una rotta indipendente.
Nella magnifica retrospettiva che si apre oggi alla Fondazione Ferrero di Alba, la curatrice Ester Coen ha voluto proprio sottolineare criticamente questa originale attitudine allo stesso tempo realista, scientista, astratta e visionaria del maestro torinese, attraverso un percorso espositivo che documenta con opere maggiori, e preziosi studi e bozzetti, i periodi cruciali di un’avventura artistica carica di energia vitalistica, e di ingenua ma geniale inventività. La mostra però si arresta intenzionalmente agli Anni 20, e non prende in considerazione i decenni successivi segnati da un disincantato ripiegamento verso una pittura figurativa tradizionale. La prima parte dell’esposizione esamina con attenzione la messa a fuoco di un linguaggio verista nelle opere del primo apprendistato a Torino (dove Balla studia all’Accademia Albertina con Grosso e lavora tra l’altro nello studio del fotografo Bertieri) e, a partire da 1895, in quelle dipinte a Roma. Sono opere di un pittore con ideali socialisti e umanitari, che descrivono la povertà, l’alienazione, l’emarginazione, ma anche figure di lavoratori e scene urbane. Influenzato da pittori come Morbelli e Pellizza da Volpedo (con cui entra direttamente in contatto), Balla mette a punto una raffinata tecnica divisionista, liberamente interpretata, quella che anche Boccioni e gli altri futuristi utilizzano inizialmente. Il culmine drammatico di questa ricerca verista è il polittico I Viventi, quattro grandi quadri del 1902/1905, tra cui spicca soprattutto l’allucinata Pazza, dipinta con una trama cromatica di elettrica luminosità. La sezione successiva parte da un singolare confronto (il collegamento è sul piano cromatico) fra questo quadro e due astratte Compenetrazioni irridescenti, che fanno parte della ricerca che Balla sviluppa nel 1912, durante il suo soggiorno a Düsseldorf, nella casa dei Löwenstein, dove progetta la decorazione di un ambiente. Questa sperimentazione incentrata sullo studio astratto-geometrico del dinamismo cromatico interattivo è di cruciale importanza, anche perché rivela una stretta relazione fra luce-colore e ritmi musicali. A documentare ampiamente tutto ciò troviamo qui il gruppo di disegni e acquerelli provenienti dalla Gam di Torino (dove dal 5 novembre è in programma Protoballa, dedicata agli anni torinesi del maestro). Sempre a Düsseldorf, Balla dipinge la Mano del violinista-Ritmi di archetto. Questo è il primo di una serie di quadri in cui entrano in gioco la rappresentazione del movimento e della velocità, con una esplicita utilizzazione pittorica degli effetti dinamici delle cronofotografie di Marey e di Muybridge. Gli altri due più famosi quadri di questo genere, qui esposti, sono il Dinamismo di un cane al guinzaglio, e la Bambina che corre sul balcone. Subito dopo Balla va oltre la forma cinematica e si lancia in un’evoluzione molto più ardita e fantasiosa, dove cerca di cogliere l’essenza della velocità, quella della automobili in corsa, e poi nella dimensione aerea quella più poetica delle rondini in volo e quella più meccanica degli aeroplani.
In composizioni come Espansione dinamica+velocità, la tensione visiva è enfatizzata attraverso linee rette, diagonali e curve; tracciati geometrici che si moltiplicano e si propagano nello spazio, come onde sonore, e diffrazioni luminose potenzialmente all’infinito. E l’immaginazione dell’artista si espande verso gli spazi siderali, verso i misteri dell’universo. Nel 1914 osserva con telescopio il passaggio di Mercurio davanti al Sole, evento celeste che diventa il soggetto di vari disegni e dipinti. La sua passione per l’astronomia, è alla base di altri lavori come Orbite celesti, di assoluta visionarietà astratta, ed entra in alcuni dipinti esotericamente «numerologici» come I numeri innamorati, o Bozzetto per “LTI”, del 1923.