Corriere 4.10.16
La mutata geografia dell’editoria italiana
di Paolo Di Stefano
Un
grande studioso come Carlo Dionisotti vide nella declinazione tra
geografia e storia i fattori determinanti della letteratura italiana.
Una simile prospettiva potrebbe valere per l’editoria, se non fosse che
geografia e storia dell’editoria libraria italiana hanno da tempo
divorziato. Anche così si spiega lo «scippo» del Salone torinese. E così
si spiega anche la perorazione, pubblicata sulla Stampa , del direttore
editoriale Einaudi, Ernesto Franco, a difesa del libro e della lettura
al di là dei Saloni, in cui tra le righe affermava: «Gli editori, ed
Einaudi con essi, alla fine andranno a Milano perché nessuno ha le
risorse per finanziarsi il lusso di doppi stand e doppie spese…». Ma a
quanto risulta ci sono medi e piccoli editori (un’ottantina) che invece
hanno fatto scelte diverse (vedi e/o e Sellerio). D’altra parte sarebbe
stato imbarazzante che l’Einaudi, facendo parte dell’orbita Mondadori,
dopo aver avuto la forza di astenersi in una prima fase, decidesse di
rintanarsi nella «sua» Torino, cioè nel suo pur glorioso passato.
Piaccia o no, Torino è il passato per lo Struzzo, così come lo è per la
Bollati Boringhieri, acquisita dal gruppo Mauri-Spagnol (Gems), così
come lo è per la Utet, entrata nella sfera De Agostini. Le case editrici
sono, tradizionalmente, anche i luoghi in cui sorgono e da cui vengono
alimentate: sradicate da lì, diventano un po’ tutte uguali. Cosa sarebbe
Sellerio se non fosse diretta e gestita a Palermo?
Il
fatto è che gli editori nati torinesi sono diventati milanesi a tutti
gli effetti, non solo come proprietà ma anche come sguardo culturale.
Torino, in passato, era soprattutto un’espressione politico-culturale:
significava guardare al mercato dalla periferia, con un’aria di
aristocratico distacco e con i vantaggi del caso. La notizia nuova è che
la milanesissima Bompiani da qualche giorno è fiorentina, acquistata da
Giunti. La cifra sborsata, dicono gli esperti, è considerevole e
bisognerà vedere quali equilibri si stabiliranno tra la nuova narrativa
di Giunti (diretta da Antonio Franchini) e la Bompiani (diretta da
Beatrice Masini), che dispone di un imponente catalogo storico da
sfruttare al meglio. Non c’è niente che valga tanto, per un vecchio
editore (che non sia un editore vecchio), come la forza attuale della
sua storia. Sì, perché fino a prova contraria gli editori devono saper
fare i libri con un carattere proprio, mica i Saloni.