Corriere 22.10.16
Hollande, quello che un presidente non dovrebbe mai dire
di Stefano Montefiori
L’uomo
che non sa scegliere si sta avvicinando al liberatorio momento in cui
gli altri decideranno per lui. La situazione politica di François
Hollande non è mai stata peggiore: sempre in fondo ai sondaggi,
abbandonato dai sostenitori ma adesso anche dai suoi amici e
collaboratori più stretti, che per la prima volta gli stanno chiedendo
di non ricandidarsi. All’Assemblea gira in queste ore un documento con
il quale la maggioranza socialista potrebbe invitarlo a farsi da parte.
In quattro anni e mezzo i suoi uomini gli hanno perdonato tutto: gaffe,
temporeggiamenti, marce indietro, ma non il libro-confessione affidato a
due giornalisti di Le Monde , Gérard Davet e Fabrice Lhomme, che lo
hanno incontrato per circa 100 ore di colloqui. «Un presidente non
dovrebbe dire questo...», ammise una volta Hollande in un lampo di
consapevolezza. Ma poi ha continuato ad affidare al libro il suo vero
pensiero — opposto a quello spacciato per anni — su tutto. Sui
magistrati bollati come «vigliacchi»; sull’Islam, con il quale «abbiamo
un problema»; sui calciatori della Nazionale, che dovrebbero fare
«ginnastica del cervello»; su Obama «lento nel prendere le decisioni»,
fino a Julie Gayet, che terrebbe a regolarizzare la relazione «ma io non
voglio». Hollande arriva a raccontare di avere ordinato quattro omicidi
mirati di terroristi, mettendo in imbarazzo i servizi segreti. Sembrano
le memorie scritte per i posteri da un ex capo di Stato, ma Hollande è
ancora all’Eliseo. Lo stesso premier Valls stupefatto parla di «suicidio
politico». Il libro di Hollande ricorda lo scandalo del Sofitel di
Dominique Strauss-Kahn: il gesto insensato di un uomo che non ha mai
voluto fino in fondo essere presidente. Per non correre il rischio (pur
minimo) di essere rieletto, Hollande ora ricorre all’autosabotaggio.