Repubblica 25.9.16
Giddens, il teorico della Terza Via
“Renzi, Trudeau e Clinton vincente potrebbero rilanciare la sinistra”
“Il Labour ora è una setta con Corbyn leader rischia di scomparire”
intervista di Enrico Franceschini
Anthony
Giddens, 78 anni, membro della Camera dei Lord, è politologo e
sociologo. É stato il teorico della Terza Via di Blair, la svolta
riformista che portò negli anni ‘90 i laburisti al governo
LONDRA.
«Il Labour ha un futuro molto difficile, la rielezione di Jeremy Corbyn
rischia di farlo scomparire», dice Anthony Giddens, il teorico della
Terza Via, la svolta riformista che a metà anni ’90 portò i progressisti
al governo in Gran Bretagna e in gran parte d’Europa. «Fare
l’opposizione è ben diverso da governare, come il Movimento 5 Stelle ha
scoperto a Roma», ammonisce l’illustre sociologo, ex direttore della
London School of Economics e membro della camera dei Lord. Ma la
rinascita potrebbe venire da Hillary Clinton, se diventerà presidente
degli Stati Uniti, dal primo ministro canadese Justin Trudeau e da
Matteo Renzi, possibili leader di un programma globale – conclude
Giddens – per «rilanciare la sinistra, ridefinire la cosa pubblica e
affrontare rischi e opportunità del nostro tempo».
Cosa significa la vittoria di Corbyn, professore?
«Le
primarie sono state indette per contestare la sua leadership, ma hanno
finito per rafforzarla. La strategia dei suoi avversari interni ha avuto
l’effetto opposto a quello desiderato: Corbyn riafferma il suo pieno
controllo sul Labour. Ma oggi il Labour somiglia a una setta, a un
movimento, più che a un partito aspirante a governare».
È tutto sbagliato il messaggio di Corbyn?
«No,
molti dei problemi da lui segnalati sono reali, le crescenti
diseguaglianze, la classe operaia e la classe media occidentale lasciate
indietro dalla globalizzazione, un modello liberale che si affida
troppo al mercato. Ma non si risponde a questi problemi con le ricette
degli anni ’70, con la nazionalizzazione, con il ritorno al passato.
Alla Gran Bretagna serve quello che io chiamo un Labour d’avanguardia,
che difenda valori moderni, europei e cosmopoliti».
Il movimentismo di protesta non è un fenomeno solo britannico.
«Lo
abbiamo visto all’opera negli Stati Uniti, con Bernie Sanders nel
partito democratico e Donald Trump in quello repubblicano, così come in
altri Paesi. La differenza è che in Gran Bretagna è arrivato a
conquistare un grande, storico partito di massa».
Quale è il limite dei movimenti di protesta?
«Definirsi
solo come forza d’opposizione. Una volta al governo bisogna essere
pragmatici, accettare compromessi, assumere responsabilità, ed è
maledettamente più complicato. La Grecia è un esempio di come un
movimento protestatario, Syriza, finisca per essere minato dalle stesse
forze che aveva provato a controllare. E in Italia il Movimento 5 Stelle
sta sperimentando, a Roma, la differenza tra essere un movimento
d’opposizione e governare”.
Che scenari vede per il Labour?
«I
deputati che all’inizio dell’estate hanno votato la sfiducia a Corbyn,
innescando la crisi che ha portato a riconvocare le primarie, possono
provare ad appoggiarlo nel nome dell’unità del partito, ma le posizioni
sono distanti. Oppure possono provocare una scissione, per formare
un’alleanza di centro-sinistra con liberaldemocratici e verdi, ma in
Gran Bretagna queste iniziative non hanno mai avuto successo. Il Labour
ha un futuro molto difficile, rischia di scomparire, consegnando a lungo
il Paese ai conservatori. Facendo del Regno Unito, come ha scritto
l’Economist, uno stato mono-partitico».
E che scenari per la sinistra occidentale?
«C’è
un grande lavoro da fare per riconquistare le posizioni di vent’anni
fa, quando i progressisti erano la forza maggioritaria in Europa. Sono
convinto che Hillary Clinton, se sarà eletta presidente, avvierà un
programma transnazionale coinvolgendo leader come Trudeau e Renzi. Il
premier italiano può fare molto per rilanciare l’idea progressista. Il
centrosinistra ha bisogno di una nuova agenda internazionale per
affrontare rischi e opportunità del nostro tempo. Occorre recuperare un
senso della cosa pubblica, colmare un vuoto intellettuale. Chi crede di
riempirlo con un’Europa di stati nazione e il collasso dell’euro è un
lunatico».