il manifesto 23.9.16
Juncker gela Renzi: «L’Italia ha già fatto ricorso alla flessibilità»
Legge
di Bilancio. La replica del premier: «Le stesse regole Ue dicono che
negli eventi eccezionali si possono utilizzare margini diversi». La
settimana prossima il Def: si lavora per confermare il deficit al 2,4%
nel 2017 e a detassare le imprese
di Antonio Sciotto
Strada
in salita per la legge di Bilancio italiana: l’altolà arriva dal
presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, secondo cui il
nostro Paese avrebbe già sostanzialmente fatto ricorso a tutta la
flessibilità concessa dalle regole dell’Unione. «Nel Patto di stabilità,
che non deve essere un patto di flessibilità – ha detto intervenendo
davanti all’assemblea plenaria del Cese, il Comitato economico e sociale
europeo – abbiamo già introdotto molti elementi di flessibilità
combattendo contro chi sapete» e senza i quali elementi «l’Italia
quest’anno avrebbe potuto spendere 19 miliardi di meno». «Abbiamo
introdotto la clausola degli investimenti e l’Italia è l’unica che ne
beneficia», ha aggiunto quindi il Presidente.
In serata ha
risposto il presidente del consiglio Matteo Renzi: «La flessibilità non
c’era nei trattati europei, Juncker ha legato il suo programma agli
investimenti in flessibilità, devo dire che è stato di parola e noi
l’abbiamo utilizzata – ha spiegato il premier – Noi rispettiamo le
regole ma le regole Ue ci dicono che in presenza di eventi eccezionali
si può utilizzare un margine diverso. Se devo essere bacchettato perché
devo mettere a posto le scuole mi faccio bacchettare ma non credo
avverrà».
Certo va ricordato che le regole Ue già prevedono che le
spese di rimessa in sesto di un territorio dopo un sisma possano essere
scorporate dal deficit: su questo punto non c’è alcuna trattativa da
intavolare, la possibilità scatta automaticamente. Diverso è se si parla
di programmazione antisismica, cioè gli interventi contenuti nel piano
Casa Italia, perlomeno al momento in cui fu ipotizzato (a caldo dopo il
terremoto di Amatrice, oggi non si sa bene che fine abbia fatto).
Secondo
la Comunicazione sulla flessibilità del Patto di stabilità voluta da
Juncker nel gennaio 2015 sono tre le clausole di flessibilità che un
Paese può chiedere: la prima tiene conto del ciclo economico, la seconda
delle riforme strutturali programmate, la terza degli investimenti.
L’Italia ha già beneficiato di tutte e tre le clausole nel corso del
2015-16, ottenendo anche margini aggiuntivi per l’emergenza migranti,
per un totale di 0,85% di Pil di flessibilità ottenuta. «Una
flessibilità senza precedenti, mai richiesta né ricevuta da nessun
altro», disse la Commissione Ue a maggio scorso. Ma la flessibilità per
riforme e investimenti può essere concessa una volta soltanto: sulla
carta, quindi, l’Italia non ne ha più diritto fino a che non riporterà
il bilancio in pareggio strutturale.
Chiaro che il messaggio di
Juncker appaia come un memento che certo non fa comodo al governo
proprio nei giorni in cui prepara non solo la Nota di aggiornamento al
Def, ma soprattutto la manovra di quest’anno. È noto infatti che da
settimane l’esecutivo studia tutte le possibilità per ottenere nuova
flessibilità, anche per il 2017, cercando di motivare una qualche deroga
(gli eventi eccezionali da citare potrebbero essere ancora una volta
l’emergenza migranti, ma anche ad esempio la Brexit).
Insomma,
l’alzata di Juncker potrebbe solo riflettere un gioco delle parti, non
escludendo quindi la possibilità che un qualche tipo di flessibilità
alla fine l’Italia l’ottenga: soprattutto a causa del quadro politico
complicato, con l’ascesa dei partiti euroscettici in molti paesi chiave e
il referendum costituzionale alle porte. Indebolire eccessivamente
Renzi potrebbe essere un boomerang per l’attuale establishment Ue.
La
Nota di aggiornamento, in tutto 80 cartelle, dovrebbe arrivare sul
tavolo del Consiglio dei ministri lunedì o martedì prossimi. È già noto
che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan taglierà le previsioni
di crescita di quest’anno, almeno allo 0,9% rispetto all’1,2% stimato in
aprile. Quanto al deficit, si dovrebbe attestare al 2,4% quest’anno, ma
la scommessa – in un momento di bassa crescita (l’Ocse prevede uno
+0,8% anche l’anno prossimo) – è soprattutto quella di mantenere al 2,4%
anche lo squilibrio dell’anno prossimo (rispetto a un teorico 1,8% su
cui ci si impegnerebbe sulla carta).
Nella legge di Bilancio il
governo punta sulle imprese: non solo Ires e Iri abbassate al 24%, ma
anche il piano Industria 4.0, con incentivi fiscali di 13 miliardi in
quattro anni (nel 2017 muoverebbe 10 miliardi di investimenti privati e
un +0,2% di Pil rispetto a quello già calcolato). Rinviando gli sconti
Irpef alle persone al 2018.