La Stampa 17.7.16
Agguato razzista contro un profugo
Preso a pietrate e picchiato: “Sei un negro di m...”. Il giovane salvato da un automobilista
di Giorgio Bracco
Gli
hanno tirato una pietra in testa, nascosti dietro i cespugli, sul
lungomare cittadino, approfittando del buio della notte. Poi, quando la
vittima ha appoggiato la bicicletta per terra, sanguinante, sono usciti
fuori, allo scoperto. Erano in sei, tutti italiani. «Perché? Cosa vi ho
fatto?», ha chiesto il giovane nordafricano, implorando pietà e almeno
una risposta. Un paio di secondi di silenzio e poi l’esplosione di
violenza. Calci e pugni ripetuti, al volto e al torace. «Sei un negro di
m..., vattene via dall’Italia».
Un agguato di sicura matrice
razzista, quello subito un paio di sere fa, da Mohamed D., 19 anni,
senegalese, sbarcato in Italia dodici mesi fa, su una delle tante
carrette del mare che approdano quasi ogni giorno in Sicilia. A
salvarlo, quasi certamente, un automobilista di passaggio che, dopo aver
inchiodato la vettura, è saltato fuori dall’abitacolo mettendo in fuga
il gruppo di aggressori. Il senegalese è stato poi medicato al pronto
soccorso. Nessuna ferita grave ma lo choc e il terrore, per un po’ di
tempo, saranno compagni fedeli della vita di Mohamed. Ospite di una
cooperativa socio-assistenziale di Imperia, in attesa del riconoscimento
di rifugiato politico, il ragazzo - stimato e benvoluto da amici,
datori di lavoro e assistenti sociali - lavora come lavapiatti in un
ristorante cittadino. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri di
Imperia. Non sarà facile fare piena luce: il luogo del vile agguato non è
coperto dalle videocamere di sorveglianza. Non solo. Se si esclude
l’automobilista sceso in aiuto del senegalese, che però non pare abbia
fornito elementi utili all’individuazione dei componenti della gang, non
ci sarebbero testimoni oculari.
«Mohamed non farebbe male a una
mosca, lo conosciamo bene - spiegano Alessandro Giulla, presidente della
cooperativa Jobel, e Claudia Regina, coordinatrice pedagogica della
struttura - non ha provocato nessuno: non ha neppure avuto il tempo di
capire cosa stesse veramente accadendo. È un ragazzo esile, tranquillo. È
stato pestato da sei codardi per il colore della sua pelle». La
richiesta di tutti, amici e datori di lavoro, è chiara: «Vogliamo che
gli aggressori, soggetti pericolosi per la nostra città, vengano
scoperti e puniti».
Il racconto della vittima ai carabinieri è
stato drammatico. «Era mezzanotte, avevo appena finito il mio turno di
lavoro - ha spiegato il giovane con ancora il terrore negli occhi - con
la mia bicicletta stavo andando a casa. All’altezza del passaggio a
livello di lungomare Vespucci, sei giovani, italiani, mi hanno preso a
pietrate. Mi sono fermato, sanguinavo. Ho chiesto per quale motivo mi
avevano tirato le pietre. Poi si sono avvicinati e mi hanno aggredito
urlando frasi razziste». Mohamed, prima di arrivare in Italia, aveva
affrontato un viaggio massacrante, in mare. Prima ancora, aveva
sopportato un doloroso calvario: due mesi e mezzo di cammino, in mezzo a
due deserti, per raggiungere la Libia e il sogno italiano. Negli occhi
orrore, sangue, fatica e morte. Ora dovrà dimenticare anche quella
maledetta notte di martedì.