Repubblica 3.6.16
Né paure né buonismi L’islam visto da vicino
Il nuovo libro di Lilli Gruber è un viaggio nelle comunità musulmane in Italia
di Lucio Caracciolo
Il nuovo libro di Lilli Gruber è un viaggio nelle comunità musulmane in Italia. Alla ricerca di un’integrazione
L’islam
è diventato un’ossessione che imprigiona i nostri pensieri e i nostri
comportamenti. Una paura che rischia di farci perdere di vista la realtà
e la misura delle cose. Minacciando di spingerci a un catastrofico
scontro di civiltà, dal quale usciremmo perdenti. Per questo è
importante provare a capire che cosa sia concretamente, nelle sue mille
accezioni e interpretazioni, questa religione prescrittiva con la quale,
ci piaccia o meno, dovremo fare sempre più i conti nella nostra vita
d’ogni giorno.
Il viaggio che Lilli Gruber ha intrapreso nella
galassia islamica nostrana, descritto in Prigionieri dell’islam
(Rizzoli), è un eccellente antidoto alla paura e un’informata guida alla
scoperta delle contraddittorie facce di un mondo che è ormai anche il
nostro.
L’inchiesta di Gruber gira attorno al triangolo
terrorismo-migrazioni- integrazione: una minaccia permanente, con la
quale dovremo abituarci a convivere senza cessare di combatterla; un
fenomeno strutturale — non un’emergenza — ricco di opportunità e carico
di pericoli; una necessità, per evitare che l’Italia si trasformi in un
arcipelago di ghetti, l’uno contro l’altro armati.
Prigionieri
dell’islam non è un trattato ideologico. Non pretende di offrire la
ricetta definitiva. È un’inchiesta a tappe, che si dipana dagli approdi
siciliani dei migranti, esplorati attraverso le voci incrociate di chi
arriva e di chi accoglie, alle strutture di sicurezza e d’intelligence
che ogni giorno cercano di sventare i progetti dei terroristi, di
disarticolarne le reti, alle moschee formali e informali (o segrete) che
punteggiano il nostro panorama urbano, alle analisi di chi per
professione studia l’islam.
Mentre respinge le terribili
semplificazioni dei teorici (pratici) della “guerra santa” all’islam,
Gruber si tiene lontana dal “buonismo” che tende a negare i problemi
della convivenza e soprattutto dell’integrazione dei musulmani in
Italia. In particolare della seconda generazione, quella nata e
cresciuta nel nostro paese, che qui cerca spazio, lavoro, identità
riconosciuta.
Impressionanti al riguardo le testimonianze raccolte
in alcuni luoghi di preghiera islamici, in cui la propaganda wahhabita,
finanziata dalle petromonarchie arabe del Golfo, distribuisce il suo
verbo repressivo e fanatizzante. Come il libriccino diffuso nella
moschea romana di Centocelle, nel quale si descrive come “battere le
moglie” che non si assoggettasse alle volontà del marito.
L’importante,
conclude Gruber, è liberarsi dal pensiero convenzionale, dai facili
slogan. Insomma, disobbedire alle “verità” ricevute che incitano alla
violenza per riconquistare la nostra libertà di giudizio e aprire gli
spazi dell’integrazione. Senza la quale le conquiste laiche
dell’Occidente non potrebbero sopravvivere.
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La seconda generazione, nata e cresciuta qui cerca spazio, lavoro e un’identità riconosciuta
IL LIBRO
Prigionieri dell’islam
di Lilli Gruber ( Rizzoli pagg. 352 euro 19,50) A destra, preghiera in una moschea di Milano