mercoledì 1 giugno 2016

Repubblica 31.5.16
Il femminicidio
Quei maschi fragili che non tollerano una donna libera
di Natalia Aspesi

IL bel volto di lei, il bel volto di lui: le teste vicine, il sorriso felice, Sara e Vincenzo, giovani e innamorati, le loro foto insieme, ovvio, su Istagram e Facebook. Ma perché all’improvviso lei è una vittima, lui un assassino? Lo dicono tutti, lo ha detto anche la guardia giurata di 27 anni che non solo voleva uccidere, ma uccidere con indicibile sofferenza: non sopportavo che fosse finita, non volevo perderla. Non la si perde irreparabilmente uccidendola? O ciò che conta è punirla per l’oltraggio di essere una donna di oggi che sceglie la sua vita, è eliminarla per il rifiuto al suo potere di maschio che solo può decidere?
Col fuoco, perché quando la troveranno di lei non ne restino tracce, perché quei capelli biondi e quella pelle luminosa e quegli occhi azzurri che gli suscitavano amore e possesso, siano subito cancellati, assieme a tutto il resto, la voce, le parole, l’indipendenza, lo studio, la danza, un futuro senza di lui. Sara, 22 anni, che nessuno ha salvato in quegli attimi di terrore e strazio nella notte, e che già rimproverano per non aver denunciato le eventuali minacce quando ha detto basta al suo futuro assassino, siamo giovani, abbiamo tutta la vita davanti, ma non insieme.
Ma è difficile per una ragazza credere che davvero chi l’ama o l’amava pensi addirittura di ucciderla, e poi quel resto di affetto spinge a non far del male a quel ragazzo che non accetta di lasciarla ma prima o poi si convincerà. Forse tra le 55 donne che dall’inizio dell’anno sono state uccise, qualcuna aveva chiesto sostegno ai parenti, agli amici, alla polizia. Ma sempre lo si crede, e poi, se uno vuole ammazzarti, prima o poi ci riesce. Da anni si parla di prevenzione, ma come si fa a entrare nella testa di un uomo, giovane o vecchio, (apparentemente) del tutto normale, e riuscire a convincerlo a non sparare, buttar dalla finestra, accoltellare, bastonare, colpire con l’accetta, strozzare, sfigurare con l’acido, dare fuoco alla donna che non lo vuole o non lo vuole più, moglie, compagna, fidanzata, ragazza appena conosciuta? Siamo in un Paese dove sino al 1968 l’adultera (non l’adultero) poteva essere condannata al carcere, dove il delitto d’onore (da parte del tradito) è stato definitivamente cancellato solo nel 1981. Forse una traccia di quel potere sancito dalle leggi è rimasto nel cuore degli uomini più fragili, più prepotenti, più privi di autostima, ancora educati in famiglia, da bambini, come più forti, più fortunati, più meritevoli in quanto maschi e ancora spronati a non essere “una femminuccia”. Non esistono più quindi leggi che sanciscano l’inferiorità delle donne e quindi una specie di sottomissione agli uomini., cui è stata tolta questa copertura. È successa una cosa terribile negli ultimi decenni: in Occidente le donne sono diventate, o meglio si sentono alla pari, non hanno bisogno di un uomo per sopravvivere, sono libere di scegliere come impostare, nei limiti di quello che oggi si può ottenere, la loro vita e i loro amori, senza chiedere il permesso a nessuno. Libertà per tutti, sesso quanto se ne vuole, per tutti, basta un clic e si apre un mondo popolato da uomini e donne che si cercano e si trovano senza pretendere una storia. Ma poi c’è l’amore che è un’altra cosa, che invade, che possiede, talvolta incontrollabile, ed è proprio in amore che la libertà si paga: perché capita che una donna si innamori di un uomo sbagliato, che ha nascosto dentro di sé una ferocia e un terrore repressi, e quando lei se ne accorge spesso è troppo tardi.