il manifesto 15.6.16
Ballottaggi e referendum. Senza il Pd non esiste un futuro per la sinistra
I
5Stelle sono un movimento di destra, i figli di Grillo e Casaleggio
sono più vicini a Farage e Salvini che non ai resti della vecchia
sinistra
di Alberto Asor Rosa
Il mio ragionamento è questo (per quanto possa risultare sgradevole, mi auguro che sia letto fino in fondo).
1)
Qual è l’obiettivo politico-istituzionale, con cui una “sinistra”
dovrebbe mirare (in Italia di sicuro, ma forse, in altre forme, anche
nel resto d’Europa) per conseguire il governo del paese?
Penso che
in Italia, nell’attuale situazione storica, anzi, forse in una
dimensione addirittura epocale, non ci sia altra risposta se non un
governo, fortemente ragionante e solidamente strutturato, di
centro-sinistra. Gli uomini di sinistra che pensano attualmente ad
altro, non sbagliano: vaneggiano.
2) Controprova. Perché le liste
dichiaratamente di sinistra pressoché dappertutto al primo turno delle
elezioni comunali, il 5 giugno scorso, hanno ricevuto così pochi
consensi, sproporzionati persino al livello attuale di contestazione che
nel paese (comitati, associazioni, gruppi spontanei, sindacati, ecc.
ecc.) sembrerebbe invece persino esser cresciuto nel corso degli ultimi
anni? Perché non dichiaravano soluzioni politico-istituzionali credibili
ma solo un lungo elenco di denunce e di proteste (assolutamente giuste,
in sé considerate).
La gente, anche se ti è vicina, non ti vota se non hai da proporre soluzioni politico-istituzionali credibili.
3)
Esiste per la nostra sinistra una soluzione politico-istituzionale
credibile, e magari autorevole, e cioè un governo di centro-sinistra
ragionante e solidamente strutturato, senza il Pd? Non esiste. E perché?
Perché non sono alle viste soluzioni alternative di nessun tipo. Qui,
anche da questo punto di vista, mi guardo intorno, e all’interrogazione
si mescola qualche punta di stupefazione.
Può la sinistra italiana
costruire un governo di centro-sinistra, – o qualcosa che seriamente
gli equivalga, – con il Movimento 5Stelle? E’ evidente per me che non
può.
Per almeno tre buoni motivi:
a) Il Movimento 5 Stelle
in realtà non è un movimento vero e proprio (come, ad esempio, Podemos
in Spagna), e tanto meno un partito: è il prodotto, senza dubbio
indovinato, della ditta Grillo-Casaleggio, che all’occorrenza, come
abbiamo visto recentemente, si trasmette addirittura per via ereditaria;
dove di conseguenza il comando, discende esclusivamente dall’alto; e
non consente nessuna democrazia interna (c’è bisogno di fare esempi?); e
non manifesta in realtà nessuna simpatia neanche per le forme esterne,
generali, della democrazia;
b) Il Movimento 5Stelle rappresenta
l’espressione pura e semplice, e, se si vuole, più diretta e autentica,
di quell’inquieto disagio di massa, prodotto inevitabile e perciò
estremamente diffuso della crisi della democrazia rappresentativa e del
sistema dei partiti in Italia; è, culturalmente e idealmente, più vicino
alla Lega di Salvini e all’Ukip di Farange che non ai resti della
vecchia sinistra (tant’è vero che, laddove si può, si predispongono a
scambiarsi voti al ballottaggio nel nome del comune odio al sistema); i
candidati e le candidate che lo rappresentano sono uomini e donne
partoriti direttamente dalla crisi della massa, parlando la lingua
balbettante e informe dei loro consimili, e perciò sono così popolari
(qualche risorgente simpatia elitista? Ebbene sì);
c) La
combinazione “disagio incontrollabile della massa – comando indiscusso e
indiscutibile dei Capi” (non ci vuol molto a capire che fra le due cose
corre una relazione), ricorda, naturalmente con i necessari ovvii punti
di differenza, esperienze consimili già avvenute in Italia, ma, anche
in questo caso, anche in Europa. Altro che Michels e Pareto! Ci vorrebbe
un novello Giovanni Gentile, magari al livello degradato dei nostri
tempi (ma forse oggi basta Grillo), per spiegare e apologizzare un
fenomeno come questo. Naturalmente questo discorso non esclude che una
quantità anche notevole di italiani onesti e disgustati dal sistema
politico italiano abbiano aderito al M5S. Per questi elettori il
ragionamento sarebbe diverso. Ma il voto no.
4) Dunque, se le cose
stanno così, siamo di nuovo alla presunta inevitabilità dell’alleanza
sinistra-Pd per preconizzare e preparare un governo di centro-sinistra,
ragionante e solidamente strutturato, nel nostro paese.
Ma chi è
l’avversario attualmente più solido e autorevole della formula di
governo denominata di centro-sinistra, almeno in Italia? Anche qui la
risposta non è difficile.
E’, senza ombra di dubbio, Matteo Renzi,
che è, come noto, l’attuale segretario del Pd, oltre che capo di un
governo tendenzialmente più di centro-destra che di centro-sinistra.
La
cosa è tanto paradossale, e anche scandalosa, in quanto la linea
renziana è stata portata avanti con una situazione sostanzialmente
favorevole alle Camere solo perché essa è stata creata con una proposta
elettorale (appunto) di centro-sinistra. Per realizzarla, dunque, è
stato necessario rovesciarla; e questo è stato possibile solo perché
siffatta maggioranza si è adeguata senza sostanziale resistenza al
mutamento, e con essa la maggioranza del partito, ossia del Pd. E
allora?
5) Allora, è evidente che una linea di centro-sinistra può
essere restaurata e praticata solo battendo Renzi nei suoi punti più
vitali, che sono anche quelli cui lui attribuisce più importanza. E’
possibile?
Osserverei questo. La linea Renzi, e quindi l’abbandono
di una prospettiva di governo di centro-sinistra, sta chiaramente
portando il paese, non solo a una sconfitta personale del Capo, ma ad
una vera e propria catastrofe politica, istituzionale, economica e
sociale: di cui altri, non la cosiddetta sinistra, ma una destra sempre
più estrema, oltre che, ovviamente, il Movimento 5Stelle, si
affretterebbero a giovarsi (come appunto sta già accadendo).
A mio
giudizio questa consapevolezza si sta sotterraneamente diffondendo, al
di là della sfera, attualmente un po’ limitata, della nostra sinistra:
nei grandi giornali d’informazione ne sono già comparsi i segni, e
persino in qualche snodo della maggioranza (come sempre in Italia sono i
vecchi democristiani ad aver fiutato il vento che cambia). Sembrava che
fosse un condottiero instancabile e infallibile. E se fosse un perdente
predestinato? Ha organizzato tutto per stravincere: e se per gli stessi
motivi, come è sempre più probabile, fosse destinato alla più sonora
delle sconfitte?
6) E’ evidente che la battaglia decisiva è quella
sul referendum: anch’essa non priva di ambiguità, se è vero che a
ottobre, per la prima volta in vita nostra, voteremo insieme con la Lega
di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Tuttavia,
bisogna assolutamente ottenere che al referendum vinca il no.
Anche
se più decisiva ancora del referendum costituzionale risulta per noi
(noi sinistra) la nuova legge elettorale, l’Italicum. Sempre più
lampante appare infatti che essa sia pensata, più che altri motivi,
appositamente per rendere impossibile perfino sul piano istituzionale
l’alleanza di centro-sinistra.
Cambiare l’Italicum significa
dunque, non soltanto assicurare al voto, in generale, migliori garanzie
di correttezza istituzionale: ma rendere di nuovo possibile la
prospettiva dell’alleanza di centro-sinistra. Del resto in Italia chi
pensa di poter fare da sé, e fa da sé, spesso “ruina“. Nella storia
recente è già accaduto almeno una volta.
7) Il problema ora è:
come si arriva, se possibile, ordinatamente e ancora in forza, al voto
di ottobre, e non in una situazione d’irrimediabile, – ripeto:
irrimediabile, – catastrofe? Qui le strade, me ne rendo conto, si
separano.
Io penso che lavorare ora (ballottaggio delle
comunali) per abbattere, o, peggio, contribuire ad abbattere Renzi sia
un errore.
Per arrivare a ottobre in condizioni di sopravvivenza
(parlo in questo caso anche della sinistra strettamente intesa), e
garantire la possibilità dell’unico passaggio positivo possibile,
occorre che non prevalgano gli avversari più potenti e determinati della
prospettiva di centro-sinistra, e cioè la Destra (sempre più estrema) e
il Movimento 5Stelle.
E occorre che il Pd, – attualmente di
Renzi, ma domani chissà, non si disgreghi, non si disgreghi
letteralmente sotto il peso di una clamorosa sconfitta, prima di essere
messo in grado di riprendere la strada violentemente interrotta.
Perciò
io penso che i candidati Pd alla carica di sindaco, ovunque, ma
soprattutto a Milano, Torino e Roma, vadano votati nelle consultazioni
di ballottaggio (Napoli e, sul versante esattamente opposto, Sesto
Fiorentino sono casi totalmente anomali, che non possono essere
collocati all’interno di questa casistica).
Ma: nel caso che il
voto dia in questo senso un esito positivo, non potrebbe Renzi
vantarsene per rafforzare la sua posizione? Sì, certo potrebbe.
Ma
ho già scritto in passato su questo giornale che ogni battaglia per la
sinistra è sempre, di questi tempi, double face. In ogni occasione, e ad
ogni snodo, bisogna scegliere nell’immediato il male minore, o, in
prospettiva, e se ci si riesce, l’opportunità migliore e più
desiderabile.
Io direi che, in questo caso, puramente e semplicemente, non ne esiste un’altra.