Corriere 4.6.16
Negli Usa creati solo 38 mila posti, ma c’è piena occupazione
Le
stime ne prevedevano 158 mila I senza lavoro scendono al livello minimo
del 4,7%. L’impatto sulle decisioni della Federal Reserve
di Giu. Fer
Gli
ultimi dati sul mercato del lavoro Usa pubblicati ieri alimentano il
rompicapo della disoccupazione americana e complicano la decisione della
Federal Reserve su un nuovo rialzo dei tassi, che la presidente Janet
Yellen e altri governatori della Banca centrale considerano
«appropriato».
A maggio sono stati creati 38 mila posti di lavoro,
meno dei 123 mila nuovi posti di aprile (il dato è stato rivisto) e
ancora meno dei 158 mila attesi dagli economisti. A dispetto del
drastico rallentamento - è il peggior risultato dal settembre 2010 - la
disoccupazione Usa è scesa dal 5 al 4,7%, un tasso che molti considerano
piena occupazione. Si tratta del livello più basso dal novembre 2007.
Negli anni precedenti la crisi finanziaria la media dei senza lavoro era
stata del 4,6%, una percentuale salita fino a un picco del 10%, nel
2009, in piena crisi.
Sembrano numeri in apparenza contradditori.
La spiegazione è che molti americani, non trovando un’occupazione idonea
alle loro capacità, hanno smesso di cercarla, e sono usciti dalla forza
lavoro. La conferma è che la partecipazione alla forza di lavoro il
mese scorso è scesa al 62,6%, il livello più basso dell’anno.
Un’altra
spia che desta preoccupazione sulla reale salute del mercato del lavoro
americano è data dal numero dei lavoratori con un impiego part-time
perché non riescono a trovarne uno a tempo pieno: il mese scorso sono
aumentati di 468 mila unità, con un tasso stabile al 9,7%, agli stessi
valori del 2008.
Sui dati pubblicati dal Bureau of Labour
Statistics pesa lo sciopero di circa 31.500 lavoratori di Verizon, tanto
che l’occupazione nel settore delle tlc a maggio ha perso 34 mila
posti. L’accordo siglato il mese scorso tra azienda e sindacati, se
ratificato, potrebbe riflettersi sui dati di giugno. Un segnale positivo
arriva però dalle retribuzioni orarie nel settore privato, salite in
media del 2,5% rispetto a un anno fa, a 25,59 dollari. Con due
implicazioni importanti: salari che crescono ben più dell’inflazione
implicano più reddito per i consumi, e quindi una nuova spinta
all’economia. Ma se le retribuzioni aumentano forse significa che la
disoccupazione americana è strutturale e mantenere i tassi vicini a zero
per un prolungato periodo di tempo non solo no aiuterà a creare nuovi
posti, ma potrebbe aumentare i danni collaterali indesiderati.
Ecco perché il compito della Fed è così complicato e le decisioni su un possibile rialzo dei tassi per nulla scontate.