venerdì 17 giugno 2016

Corriere 17.6.16
Creatività e psichiatria alla Temple University di Roma
I colori si rivelano la notte: se il disagio si trasforma in arte
di Edoardo Sassi

Creatività e psichiatria alla Temple University con opere degli ospiti di strutture terapeutiche
Per una mostra così, ed è quasi inutile dirlo, ciò che conta è il progetto, l’intenzione, non certo l’esito formale di quanto viene mostrato (peraltro non privo di interesse).
E poi conta quel titolo suggestivo e bellissimo — «I colori si rivelano la notte» — che invita a visitare questa esposizione prodotta da Parterre Officine Sociali, con il contributo di The Nando Peretti Foundation, curata da Andrea Ruggieri. Una mostra che certamente si colloca nel grande e assai sperimentato solco della tradizione novecentesca «Art Brut», celebre formula coniata da Jean Dubuffet nell’ultimo dopoguerra: «Non arte rozza, ma arte fuori della cultura», secondo la precisa lectio di Lorenza Trucchi, opere cioè «irregolari», prodotte da individui isolati, ricoverati in ospizi o in case di cura ecc. «I colori si rivelano la notte» — allestita solo per pochi giorni, fino a sabato, nella Gallery of Art della Temple University — nasce infatti da un laboratorio condotto da Gioacchino Pontrelli e coordinato da Gianfranco Geraci, con ospiti delle strutture residenziali terapeutico-riabilitative per il disagio psichico Villa Madre Chiara Ricci e Villa Letizia di Roma.
Frutto anche della collaborazione con l’Accademia di Belle Arti, la mostra presenta gli esiti finali del progetto che ha visto per sette mesi interagire gli ospiti delle strutture residenziali terapeutico-riabilitative con il lavoro di Pontrelli, coadiuvato da sei studentesse del corso in Arte per la Terapia e sotto la supervisione dello psicoterapeuta Geraci.
Spiegano gli organizzatori: «Da settembre 2015 a maggio 2016 un numero ristretto di uomini e donne, di età e storie diverse, ha avuto la possibilità di confrontarsi con il disegno e la pittura, sperimentandone le capacità espressive mimetiche o immaginifiche, giungendo a risultati inaspettati per tecnica e per composizione. Dopo una prima fase di integrazione del gruppo e le prime sperimentazioni con la matita e il colore, il lavoro si è evoluto in direzioni differenti, ora più figurativo, ora più astratto, indirizzato dalle figure di riferimento nel rispetto delle naturali inclinazioni dei partecipanti e al fine di esaltarne le potenzialità più o meno manifeste. Con tale approccio le finalità terapeutiche incontrano gli intenti formali per mezzo di un’osmosi creativa, mantenendo come obiettivo la proposta di un progetto espositivo strutturato».
Nei limiti del possibile la mostra ha tenuto conto delle diverse personalità, del differente percorso compiuto da ognuno, strutturandosi quindi «come un disordine organizzato di pitture su stoffa, di tele, disegni su carta» (lungotevere Arnaldo da Brescia 15).