venerdì 13 maggio 2016

Il Sole 13.5.16
Brasile
L’intreccio politica-affari che inquina l’intero sistema
di Diego Corrado

Il lato giudiziario della crisi politica brasiliana vede il governo esposto su due fronti, le inchieste per corruzione contro Lula e il processo per impeachment contro la presidente Dilma Rousseff. Sarebbe sbagliato però leggere con le sole lenti del diritto penale il conflitto in atto, che è tutto politico. Il procedimento di impeachment, avviato a fine 2015, ha infatti come presupposto irregolarità formali nel bilancio federale 2014, già commesse in passato da tutti i predecessori di Dilma e mai sanzionate. Chi vota l’avvio vero e proprio e poi giudica il merito sono rispettivamente Camera e Senato, e in entrambi i casi il quorum previsto è di due terzi dei membri: quello che conta quindi non è tanto il merito dei fatti, ma la valutazione politica. Non sorprende perciò che l’opposizione sostenga di muoversi dentro la Costituzione (che formalmente è finora rispettata), mentre il governo gridi al golpe, denunciando l’assenza di basi fattuali.
Del resto, uno dei principali fautori dell’impeachment è il presidente della Camera Eduardo Cunha, imputato per corruzione e oggetto di un processo per la perdita del mandato davanti alla Commissione di etica della Camera. Gli estratti dei conti svizzeri dove riceveva le tangenti sono stati pubblicati nei mesi scorsi su tutti i giornali brasiliani. Mettersi alla testa del fronte anti-Dilma gli ha aperto uno spazio di sopravvivenza politica, che Cunha ha sfruttato con spregiudicata abilità. Buona parte del Parlamento è sotto inchiesta, dei 65 membri della Commissione incaricata dell’istruttoria dell’impeachment, ben 37 sono indagati per reati di varia natura.
Intanto l’inchiesta Lava Jato (che indaga su uno schema di tangenti trasversale a tutti i partiti con epicentro la Petrobras) è andata avanti. Negli ultimi mesi ha rivolto crescenti attenzioni all’ex presidente Lula, accusato di aver ricevuto benefici di varia natura da imprese coinvolte nello scandalo. Se il merito delle accuse (sempre ribattute punto su punto dall’interessato, con tanto di documentazione pubblicata sul suo sito) è lungi dall’essere provato, si può tuttavia affermare che le inchieste sono parse a crescenti strati della società brasiliana a senso unico. Mentre – per fare un esempio – moglie e figlia di Eduardo Cunha (cointestatarie dei conti segreti del congiunto) non sono finora state sfiorate dalle indagini, il mondo intero ha assistito alla condução coercitiva di cui Lula è stato oggetto lo scorso 4 marzo, quando un ingente spiegamento di agenti della Polizia Federale in assetto da guerra lo prelevò all’alba da casa sua per portarlo a deporre, un’azione criticata anche da un membro della Corte Suprema per l’evidente mancanza di presupposti.
In questa situazione – siamo al 16 marzo – la decisione di Dilma di nominare Lula suo ministro ha spaccato ulteriormente un Paese già diviso, benché ciò non avrebbe garantito l’impunità all’ex presidente, ma il trasferimento della competenza a giudicarlo alla Corte Suprema, istanza che - più di ogni altra in Brasile - in anni recenti ha dato prova di grande indipendenza.
Ma il clima ormai è infuocato, e il giorno stesso della nomina accade un fatto sconcertante, le intercettazioni di una conversazione tra Dilma e Lula finiscono quasi in tempo reale al tg della Globo, che ne dà un’interpretazione univoca: unica ragione della nomina è ostruire la giustizia. Il giudice Moro (responsabile dell’inchiesta Lava Jato, ormai un eroe nazionale in Brasile) afferma di averle trasmesse lui stesso, perché «di interesse pubblico». Sulla base di queste intercettazioni il 18 marzo la nomina di Lula viene sospesa da un membro della Corte Suprema. Il 22 marzo però un altro membro dichiara che esse – riguardando la presidente in carica – sono di competenza esclusiva dell’Stf e ne ordina la trasmissione alla Corte. Lo stesso giorno una fuga di notizie rivela l’esistenza di una lista di finanziamenti illeciti da parte della Odebrecht (colosso delle costruzioni) a centinaia di politici di tutti i partiti, mancano però Lula e Dilma (che personalmente continua a non vedersi addebitato alcun reato). Su questa Moro invece decreta inspiegabilmente il segreto istruttorio, prima di declinare la competenza a favore della Corte Suprema.
L’impressione di molti è che impeachment e Lava Jato, che finora marciavano nella stessa direzione (colpevolizzando il solo partito di governo), siano destinate a collidere nei prossimi mesi, quando le inchieste per corruzione dimostreranno che l’intero sistema politico si basa da anni su intrecci proibiti col mondo degli affari. Per questo per molti in Brasile è necessario che tutto cambi, alla svelta, perché tutto resti come prima.