Corriere 6.5.16
I marocchini in Italia La politica di Maometto VI
risponde Sergio Romano
Ma
i media non si sono mai accorti che c’è la guerra in Marocco, oppure se
così non fosse, come mai in Italia ci sono tanti marocchini? Da che
cosa sono scappati?
Barbara Jonoch
Cara Signora,
Insieme
agli albanesi, ai tunisini e agli egiziani, i marocchini formano la
comunità musulmana di più vecchia data. Sono da parecchi anni poco meno
di mezzo milione (di cui centomila in Lombardia) e il loro numero, dopo
parecchi rientri in Marocco qualche anno fa, sembra destinato a restare
stabile. L’associazione che maggiormente li rappresenta è la
Confederazione islamica italiana, un ente che gestisce insieme ai
sauditi la Grande Moschea di Roma. Secondo Giacomo Galeazzi e Ilario
Lombardo, autori di una bella indagine pubblicata da La Stampa del 1°
maggio, la Confederazione è in lizza, con altre organizzazioni, per la
conclusione di un accordo con il governo italiano: una specie di
concordato che le permetterebbe di incassare l’8 per mille sui redditi
dei contribuenti musulmani, come accade per altre confessioni religiose,
Il
rischio della radicalizzazione esiste e alcuni sanguinosi attentati
hanno già colpito negli ultimi anni il Marocco di Muhammad VI. Ma non
hanno modificato, complessivamente, la politica laica del re. Ha
liberalizzato il codice civile per garantire alle donne alcuni diritti
che in certi Paesi del Golfo sarebbero considerati blasfemi. Ha creato
un Consiglio superiore degli ulema e ne ha assunto la presidenza per
meglio vigilare sulla loro formazione. Come nella Turchia di Kemal
Atatürk, gli imam delle moschee ricevono ogni settimana le grandi linee
della predica che dovranno pronunciare il Venerdì. Per molti aspetti
sono diventati funzionari dello Stato. Ricevono un compenso mensile,
hanno una carta di previdenza sociale, partecipano a corsi di
aggiornamento sulle leggi dello Stato.
Questo
non esclude naturalmente, cara Signora, che l’Isis possa fare opera di
reclutamento anche nelle comunità marocchine all’estero. Ma la comune
minaccia rende il regno, in questo campo, un naturale alleato dei
governi europei.
Quanto alla sua ironica
domanda, cara Signora, in Marocco non si combattono guerre comparabili a
quelle dell’Iraq e della Siria. Ma il Paese è continuamente minacciato
sui suoi confini da Al Qaeda nel Maghreb e nel Sahara.