Corriere 30.5.16
La Francia in un vicolo cieco. Anche il calcio preso in ostaggio
di Massimo Nava
Non è semplice trattare con la pistola alla tempia. È la situazione in cui si sono cacciati il presidente François Hollande e il governo socialista, messi sotto scacco dalla Cgt, il sindacato d’ispirazione comunista, che paralizza il Paese alla vigilia dei campionati europei di calcio. Scioperi nei trasporti, manifestazioni di piazza, blocchi di raffinerie e centrali nucleari si susseguono da settimane e il braccio di ferro potrebbe continuare per tutto il torneo fino alla finalissima.
La contestata riforma del mercato del lavoro, ispirata al Jobs act italiano, già emendata nel corso dei lavori parlamentari, non entrerà in vigore prima di luglio, quando le modifiche passeranno al vaglio del senato e torneranno all’assemblea per l’approvazione definitiva. Fino ad allora, la Cgt promette di continuare scioperi e blocchi, mentre Hollande e il primo ministro Valls fanno sapere di non avere nessuna intenzione di cedere a modifiche né tantomeno di ritirare il provvedimento.
I rischi, in termini d’immagine e di sicurezza interna, sono a questo punto enormi. La Francia, che aveva già perso la candidatura ai giochi olimpici a favore di Londra, ha scommesso sulla kermesse sportiva per rilanciare il turismo, in calo dopo gli attentati del novembre scorso, e ristabilire sotto i riflettori del mondo il ritratto di Paese forte, efficiente, famoso per il livello di infrastrutture e servizi. Al tempo stesso, blocchi e manifestazioni di piazza inveleniscono il clima sociale, moltiplicano le possibilità di provocazioni, mettono a dura prova l’apparato antiterrorismo.
La situazione sembra in un vicolo cieco, con i cittadini, e presto anche tifosi e turisti, presi in ostaggio. Nella maggioranza socialista c’è aria di fronda e circolano proposte di emendamenti degli articoli più contestati — come quello che privilegia accordi aziendali rispetto ad accordi nazionali, in particolare sull’orario di lavoro — ma il presidente Hollande, già ai minimi termini nei sondaggi, non può permettersi di perdere la faccia una seconda volta, dopo avere ritirato la modifica della Costituzione sulla questione della doppia cittadinanza in relazione a reati di terrorismo.
La Francia è ormai entrata in campagna elettorale per le presidenziali del 2017. Una marcia indietro su una questione cruciale confermerebbe la scarsa propensione di Hollande e della sinistra francese a imboccare con decisione la strada delle riforme già percorsa da altri leader e Paesi europei. Anche per questo, alla vigilia del referendum in Gran Bretagna, l’impasse francese non è una buona notizia per l’Europa.
A una pessima comunicazione, il governo ha aggiunto la decisione di fare passare la legge in prima lettura con voto di fiducia. Sul fronte opposto, la risposta è stata ideologica e pregiudiziale, come spesso avviene in Francia, al solo sentire usare parole come «flessibilità» e ogni volta che un governo — qualsiasi governo — mette mano a diritti consolidati e appunto non negoziabili. Come all’epoca di Chirac e di Sarkozy si ripete lo psicodramma collettivo di un Paese che enfatizza le barricate della rivoluzione per impedire il cambiamento e conservare un sistema altamente protezionistico che continua ad escludere milioni di disoccupati, giovani precari, lavoratori part time, immigrati. Anche per questo, l’emorragia di giovani laureati che vanno all’estero è continua.
Secondo i sondaggi, la maggioranza dei francesi approva la protesta, pur criticando metodi di lotta che incidono pesantemente sulla vita quotidiana. Ma i sondaggi non fotografano la realtà di un Paese lacerato. Il Front National di Marine Le Pen soffia sul fuoco, chiede il ritiro della riforma e spera di aumentare i consensi nell’elettorato popolare deluso dalla sinistra. La destra gaullista accusa Hollande di avere fatto già fin troppe concessioni e sotto sotto si compiace di uno scontro sociale che trascina in basso la gauche .
Gli stessi sindacati sono divisi. La Cfdt e altre sigle moderate, dopo avere ottenuto modifiche, sono favorevoli alla riforma. La Cgt e altre sigle come Sud, presenti soprattutto nel trasporto pubblico, tengono duro. Il numero di iscritti e le effettive adesioni alle varie forme di protesta non dicono la verità sull’effettiva consistenza del sindacato, soprattutto nel settore privato. Ma il potere di blocco nel settore pubblico è una specialità molto francese.