Repubblica 30.4.16
Le quattro strade verso il Campidoglio
di Stefano Folli
IL
GIOCO delle formulette non è mai convincente, in particolare quando si
discute di un nuovo profilo del centrodestra a Roma, e non solo nella
capitale.
La scelta pro-Marchini di Berlusconi era inevitabile,
pena la condanna all’irrilevanza. Il rifiuto di cedere all’asse
Meloni-Salvini era altrettanto obbligato per come si erano messe le
cose. Quello che è stato fatto, cercando l’intesa con l’imprenditore
romano erede di una dinastia legata all’establishment della sinistra, è
molto nelle corde dell’ultimo Berlusconi. Ma non sarà privo di
conseguenze a vari livelli.
Il problema è se basterà per
rovesciare una tendenza. Di qui l’inconsistenza delle formule: nuovo
patto del Nazareno, “assist” a Renzi, scelta a favore di Giachetti,
eccetera. Nulla di tutto questo, per ora. Chi scende in campo nel
labirinto romano, punta a far pesare i suoi voti. Non è detto che ci
riesca, ma le alchimie vengono in un secondo tempo. La vicenda di
Marchini andrà verificata nel vivo dello scontro politico, non nel cielo
astratto degli schemi retorici.
È chiaro che il “centro moderato”
in riva al Tevere ha bisogno di calarsi in programmi lucidi e concreti.
Manca poco più di un mese al primo turno, Marchini ha la possibilità di
giocarsi bene la partita, ma dovrà rimboccarsi le maniche. Finora ha
goduto di un’autonomia invidiabile per quanto lievemente ambigua
(“Liberi dai partiti”). Adesso deve dimostrare agli elettori, specie
quelli che non hanno ancora deciso, che l’abbraccio di Berlusconi non lo
condizionerà più di tanto. E che non verrà schiacciato dai nuovi soci
(c’è anche Storace con il suo pacchetto di voti anti- Meloni, forse
decisivi in vista del secondo turno). Alcuni sondaggi indicano in lui il
più competitivo contro la candidata dei Cinquestelle, Virginia Raggi.
Ed è proprio da qui che bisogna partire.
Se Marchini dovesse
accedere al ballottaggio con la Raggi, raccoglierebbe una gran messe di
voti del centrosinistra, o per meglio dire dal Pd. Sarebbe un patto del
Nazareno? Non proprio. Piuttosto la conferma che Renzi e i centristi di
varia osservanza tendono a fare blocco contro il fronte populista
Salvini-Fratelli d’Italia. E in questo caso il blocco favorirebbe il
candidato berlusconiano sostenuto peraltro da un mondo variegato: da
Alfano a Casini a Fini. Al contrario, se fosse Giachetti ad avviarsi al
ballottaggio, sempre contro i grillini, c’è da credere che otterrebbe
parecchi voti dal binomio Marchini- Berlusconi. Forse non abbastanza per
vincere, ma più che sufficienti per accendere le polemiche.
Esistono
poi altri due ipotesi. La prima prevede un ballottaggio fra la Raggi e
Giorgia Meloni. Sarebbe lo scenario peggiore per Renzi e i neocentristi
berlusconiani. Vorrebbe dire che la popolarità della Meloni ha superato
ogni previsione e che la corsa è appannaggio dei movimenti anti-sistema,
chiamiamoli così. Può accadere? Certo, anche se la scelta pro-Marchini
di Forza Italia ha acceso i riflettori mediatici sul candidato centrista
e gli ha impresso uno slancio che fino all’altro giorno non possedeva.
Comunque sia, un braccio di ferro Raggi-Meloni sarebbe imprevedibile,
anche nei suoi riflessi sui prossimi equilibri politici.
Infine,
ultima ipotesi, la più inverosimile. Un secondo turno fra Marchini e
Giachetti. Una rivincita dei moderati, si potrebbe dire: abbastanza
difficile da immaginare. Più che a un duello, si dovrebbe pensare a un
minuetto e poi a un governo di centro-sinistra sul Campidoglio. Ma non
sarà possibile: la filosofia politica del ballottaggio impone comunque
che vinca uno solo. Quindi anche in questo caso il patto del Nazareno è
una formula che non fotografa la complessità di un conflitto politico da
cui potrebbe nascere — non ora ma in prospettiva — una nuova destra
sottratta alla leadership di Salvini. E una sinistra che si avvicinerà
al famoso “partito della nazione”. Ma oggi è ancora presto