Repubblica 1.4.16
“Fermiamo lo spaccio ma io mamma dico no ai blitz nelle scuole”
Roma, la rappresentante dei genitori al liceo Virgilio “Sbagliato chiamare le forze dell’ordine, serve dialogo”
di Viola Giannoli
ROMA.
«Lo spaccio a scuola va fermato, ma quel blitz da Far West andava
evitato». A parlare è Francesca Valenza, mamma di un ragazzo del liceo
Virgilio nel centro di Roma e rappresentante in Consiglio di istituto.
Non ci sta a passare come un genitore «complice dell’illegalità», ma
spiega anche di volersi dissociare dall’immagine della scuola come «zona
franca», «covo di pusher e violenti».
Valenza, c’è un’emergenza spaccio al Virgilio?
«Ovunque
c’è un problema di droghe in mano alla criminalità organizzata, anche
nelle scuole. Ma dobbiamo vedere l’iceberg, non la punta. Io dico: non
spariamo sui moscerini, cerchiamo di formare ragazzi consapevoli».
Nel
liceo però ci sono stati diversi episodi: l’inchiesta due anni fa, il
malore di una ragazza che aveva fumato, fino all’arresto del pusher
19enne.
«In tutte le scuole ci sono occupazioni, droghe, disagio
giovanile, ma al Virgilio c’è anche un grande conflitto, una comunità
divisa che non riesce a trovare la strada più efficace per affrontare i
problemi».
Il blitz dei carabinieri non è stato efficace?
«La repressione con gli adolescenti è controproducente. Più ce n’è, più si fa uso di droghe. Un blitz inutile, anzi dannoso».
È contraria all’ingresso delle forze dell’ordine a scuola?
«Se
interviene la polizia significa che la scuola, e anche le famiglie,
hanno fallito. Ci vuole un’allenza tra genitori e istituzione
scolastica, corsi e progetti educativi, magari non affidati a
Scientology ».
Non c’è il rischio che passi l’idea di una battaglia per l’impunità dei ragazzi?
«Nessun
genitore è favorevole al fumo nelle scuole. Non siamo complici
dell’illegalità. Dire che l’arresto in cortile è stato inopportuno non
vuol dire che si può vendere o usare droga. Non va confusa la nostra
volontà di costruire un dialogo con quella di coprire gli sbagli dei
nostri figli».
Poteva essere gestita diversamente la situazione?
«Il
ragazzo andava fermato, ma visto che la sua situazione era nota (aveva
precedenti per spaccio, ndr) bisognava convocare prima un Consiglio di
istituto».
L’arresto però è avvenuto in
flagranza di reato, dicono i carabinieri.
«Davanti
a un’illegalità si deve lavorare in sinergia con le forze dell’ordine,
ma nel rispetto dello spazio educativo e della privacy. Anche se colto
in flagranza, andava convocato in un’aula e andava fatto un colloquio
privato invece di quell’azione plateale».
È contraria anche all’uso delle telecamere a scuola?
«In
Consiglio di istituto ho votato contro: secondo me c’è il rischio di
trasformare le scuole in bunker. E i presidi in sceriffi. I ragazzi
devono vivere la scuola come un luogo sicuro ma aperto. Sono contraria
tranne che nel caso di un’indagine in corso».
Qui un’indagine c’era.
«Sì, ma sono state montate a prescindere dall’inchiesta. Il provvedimento è passato con 8 voti a favore contro 7 contrari».
Il Virgilio è senza regole?
«Non
mancano le “leggi”, mancano l’autorevolezza e la fiducia. I ragazzi
sono continuamente dipinti come criminali dalla preside e da alcuni
prof. Questo messaggio torna indietro come un boomerang. Se le regole
non passano per la condivisione diventano conflitto e antagonismo».
Non è semplicemente una reazione generazionele?
«In parte sì ma al Virgilio tutto è acuito dall’assenza di dialogo».
Hanno fatto bene dunque i ragazzi a protestare con cortei e scioperi dopo il blitz?
«Fanno
sempre bene a manifestare le proprie idee ma se riuscissimo a trovare
uno spazio di confronto la protesta non avrebbe di certo queste forme
esagerate».