venerdì 26 febbraio 2016

Repubblica 26.2.16
Perché oggi è necessario l’affaire Zola
di Valerio Magrelli

Esce il terzo volume dei Meridiani con i romanzi dello scrittore francese precursore del new journalism

L’irresistibile trionfo di Pier Paolo Pasolini da un lato, l’attenzione accordata alle testimonianze letterarie e civili di Salman Rushdie o di Roberto Saviano dall’altro, mostrano quanto la nostra epoca sia sensibile all’interferenza tra autore e opera. Ebbene, in tal senso nessuno andrebbe accolto con più favore di Émile Zola, di cui i Meridiani Mondadori pubblicano il terzo volume dei “Romanzi” nell’esemplare cura di Pierluigi Pellini (pagg. 1900, euro 80). Secondo l’etimologia del termine “martire” (dal latino “martyr”,
ossia, appunto, “testimone”), il narratore francese rappresenta infatti il modello di un intellettuale che paga di persona per i propri ideali, dato che, come sembra, la sua morte avvenne per aver difeso Alfred Dreyfus nell’articolo del 1898 intitolato J’accuse. Il celebre editoriale scagionava l’ufficiale francese di origini ebraiche, ingiustamente accusato di spionaggio a favore della Germania da parte degli alti gradi del suo stesso esercito. Oltre ai nomi già fatti, altri sarebbero qui da evocare: si vedano le ipotesi di omicidio, entrambe a carico dei servizi segreti sovietici, relative a Majakovskij o Camus. Tuttavia, l’uccisione di Zola per soffocamento causato dalla canna fumaria fu quasi per certo opera di uno spazzacamino affiliato a quella Lega dei Patrioti ferocemente antisemita e contraria all’assoluzione di Dreyfus. A chiunque ignorasse l’opera di questo romanziere, bisogna dunque anzitutto ricordare che egli fu uno tra i massimi esempi di magistero etico che l’Occidente conobbe da Socrate in poi. Ciò detto, rimane da capire perché mai un lettore italiano dovrebbe dedicarsi ai suoi romanzi. Chiarita la grandezza morale dello scrittore, occorre domandarsi che cosa resti oggi della sua produzione.
Ebbene, il piano dei Meridiani risponde a tale domanda con nove traduzioni complessive, ben sette delle quali realizzate appositamente. La qualità della scrittura, quindi, costituisce il punto di forza del progetto. Ma osserviamo più da vicino il libro in questione, nelle egregie versioni di Giovanni Bogliolo, Donata Feroldi e Dario Gibelli, con un’introduzione, ricca, avvincente, accurata quanto le ben 450 pagine di note. In questa terza e ultima uscita, i tre romanzi presentati sono Germinal, poi La terra e La bestia umana. Sia il secondo, sia il terzo titolo svelano il vero, atroce volto di una realtà solo apparentemente idillica. Così, mentre quel vasto affresco che è La terra mostra tutta la miseria celata dietro l’incanto del paesaggio rurale, La bestia umana, con la potente metamorfosi della locomotiva in animale leggendario, compone una cupa denuncia del lavoro ferroviario a riprova di come la nuova tecnologia riproduca le stesse forme di sopraffazione caratteristiche dell’antico universo contadino.
Ma fra i tre testi, è il primo ad imporsi come il più riuscito. Incontrastato bestseller dell’ampio ciclo costituito tra il 1871 e il 1893 dai RougonMacquart (venti romanzi su un’unica famiglia), Germinal è Zola, anzi, secondo Pellini, «Zola è Germinal.
Lo sapevano i minatori di Denain, in delegazione ai funerali dello scrittore: in tenuta da lavoro, nell’immenso corteo che si snodava per le vie di Parigi avvicinandosi al cimitero di Montmartre, il 5 ottobre 1902, scandivano il titolo del libro che per primo aveva dato dignità letteraria alla loro inumana fatica, voce universale alle loro sacrosante rivendicazioni, credito poetico, e profetico, al futuro germinare di una società più giusta».
La vicenda si svolge nella Francia settentrionale, e narra la spaventosa vita dei minatori durante la seconda rivoluzione industriale, analizzando l’organizzazione politica della classe operaia. D’altronde, come spiegava Zola, «il romanzo è la rivolta dei salariati, una spallata alla società, che per un istante scricchiola: insomma, la lotta fra capitale e lavoro. Per questo il libro è importante». Da qui la potente, cruda matericità di tanti capitoli, che trovano il loro apice nel crollo del pozzo, mostruoso Minotauro (oppure Vampiro) alimentato dalla carne delle sue vittime.
Fra le sequenze più efferate, quella che vede uno sciopero sindacale trasformarsi in rivolta, dove una donna si accanisce sul cadavere dell’avido droghiere Mairat, noto per essere un molestatore, fino a castrarlo: «Alla fine riuscì a strappar via il brandello, un mucchietto di carne villosa e sanguinante, che agitò con una risata di trionfo: L’ho preso! L’ho preso! L’orrendo trofeo fu salutato dalle imprecazioni di tante voci stridule ».
Il passo mette in evidenza il doppio registro, realista e visionario, di Zola, capace di fondere lo sguardo proprio del Naturalismo con l’invenzione di matrice simbolista. L’atroce scempio si tramuta infatti in scena dionisiaca, le mogli dei minatori si fanno menadi, il discorso di classe si proietta sullo scenario del Mito in una «stupefacente consustanziazione di linguaggio tecnico e scarto metaforico, precisione referenziale e libertà figurale» (Pellini).
C’è però un ultimo elemento da notare. Malgrado l’impegno civile, il romanziere dovrebbe ormai apparirci piuttosto estraneo e lontano: il suo paleo-marxismo, il feroce attaccamento alla terra (suo padre, veneziano, si chiamava Zolla…), la contrapposizione fra borghesia e proletariato sembrerebbero agli antipodi rispetto alla nostra era telematica e “liquida”. Invece c’è un’intuizione a renderlo sorprendentemente moderno: l’anonimato del Capitale.
La forza di Germinal, infatti, risiede anche nell’immagine di un potere economico del tutto privo di connotati umani. Attraverso la metafora religiosa del nume sconosciuto e malefico, «accucciato nel suo tabernacolo », l’autore mette in scena una Finanza ormai disincarnata. Non per nulla, egli voleva sopprimere la descrizione degli azionisti (leggi “padroni”), per fare di loro «una specie di Dio che vive nell’ombra mangiando gli operai». Che c’entra tutto ciò con la cronaca odierna? Sostituite la parola “azionisti” con “banchieri”, cambiate il termine “operai” con “correntisti”, e il gioco è fatto.
IL LIBRO Émile Zola, Romanzi (Meridiani Mondadori, vol. 3, pagg. 1900, euro 80 Traduzioni di G. Bogliolo, D. Feroldi e D. Gibelli)