La Stampa 13.2.16
Hieronymus Bosch
Le follie di un visionario alle radici della modernità
Animali
mostruosi, frati ghiottoni, suore lussuriose: in Olanda si apre oggi la
mostra che celebra uno dei geni della pittura nordica. In estate sarà
al Prado
di Fiorella Minervino
Hieronymus van
Aken, pittore del religiosissimo Brabante Settentrionale, al calare del
Medioevo nordico verso il Rinascimento aveva scelto di trasformare il
nome d’arte in Bosch, dalla città natale Hertogenbosch (bosco ducale,
oggi Den Bosch), fra le più antiche dei Paesi Bassi, dove nel 1450 circa
aveva aperto gli occhi ai colori e alla luce, e dove nella piazza del
Mercato aveva creato le fantasmagorie che lo hanno reso celebre. Sono
capolavori come il Carro del fieno, al Prado, o La nave dei folli. al
Louvre, piuttosto che le Visioni dell’aldilà da Palazzo Grimani a
Venezia e altri dal Metropolitan, Rotterdam e dalle veneziane Gallerie
dell’Accademia che ora, a 500 anni dalla scomparsa, ritornano a casa in
prestito. E sono appena approdati al Noordbrabants Museum, quello della
sua quieta cittadina che paradossalmente non ne possiede alcuno, essendo
lui troppo famoso e ricercato dai sovrani di tutta Europa primo fra
tutti Filippo II di Spagna.
Ora l’esposizione, inaugurata ieri da
re Guglielmo Alessandro, offre l’occasione di ammirarli l’uno accanto
all’altro; basti pensare che studiosi e specialisti, grazie alla Bosch
Research and Conservation Project, lavoravano dal 2007 a questa mostra.
Il risultato sono 17 dipinti sui 24 noti e 19 mirabili disegni, oltre 7
tavole dalla bottega o di allievi, mentre 70 opere raccontano l’ambiente
fra ’400 e ’500; resteranno in patria qualche mese, salutati da molti
eventi che cadono sotto il nome di «Bosch 500», poi approderanno al
Prado, dal 31 maggio all’11 settembre.
L’omaggio porta il titolo
Visioni di un genio, perché proprio di uno spirito geniale si tratta,
tanto che non ha smesso mai di attrarre e scuotere intere generazioni -
come i Surrealisti del secolo XX - specie per i suoi audaci incubi, le
allusioni inconfessabili, le allucinazioni o le simbologie di uomo
ancora calato nel Medioevo. Il tutto con tecnica prodigiosa e realismo.
Dopo
secoli Bosch resta avvolto nel mistero e nelle mille interpretazioni.
Fin dalla morte, fu subito celebrato come artista insigne, poi scordato
fino all’800 per raggiungere in seguito la fama stellare: per taluni è
il moralista fustigatore dei costumi di contemporanei e concittadini;
per altri un ironico provocatore contro la Chiesa cattolica. Oggi
l’enigma continua e i musei sono in allerta, la commissione della
mostra, con inedite ricerche, restauri, tecnologie, illustrate dal
direttore Charles de Mooij, raffronti di firme e dettagli, attribuisce
al maestro due nuove opere: la tavola Tentazioni di Sant’ Antonio dal
Nelson Atkins Museum di Kansas City e il disegno Paesaggio infernale di
privato belga. Mentre giudica di bottega due lavori celebri del Prado
fra cui La cura della follia.
La mostra nei saloni procede per
temi come il pellegrinaggio della vita, i santi, la fine dei tempi. Ma
molti restano i quesiti: da dove scaturivano tutti quei sozzi diavoletti
dalle teste ferine intenti a infilzare i peccatori o i bizzarri angeli
dalle ali diafane, se non le teste smisurate dove fuoriescono le
gambette rachitiche? E da dove vengono i colossali pesci al guinzaglio, o
la Santa Liberata barbuta e crocefissa come il Cristo, nel trittico
dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia? E come nasce il tunnel
spettacolare di luce che conduce i beati al paradiso nella Via al cielo
di Palazzo Grimani, o quel guscio di noce affollato di gaudenti per la
Nave dei folli? Si rincorrono bocche di rospo, orecchie trafitte da
frecce, vergini incinte, frati corpulenti e ghiottoni con suore
lussuriose, come nel mirabile trittico del fieno al Prado; per non
parlare dell’incerto vagabondo (tondo di Rotterdam) dai calzoni
stracciati, berretto in testa e cappello in mano, ciabatta al piede e
stivaletto nell’altro, mentre dietro un coppia amoreggia e un gentiluomo
orina.
Spirito ironico, ribelle, Bosch ha dato forma concreta a
ciò che affollava la fine secolo, con fiabe, maghi, alchimia, sette,
eresie o predicatori infuocati, sullo sfondo di paure millenarie.
Guardava alle miniature e ai mostri scultorei nell’ambiziosa Cattedrale
di San Giovanni dove egli stesso lavorò. Esplorava la natura, citava
leggende e storie dei santi per i committenti, poi attingeva
all’immaginazione dando vita a questa stupefacente miscela. Raffinato
pittore di pale, viene ricordato per le bizzarrie inventive in tavole di
impianto scenografico. Variando dai fondi sulfurei ai paesaggi chiari e
armoniosi sin madreperlati, illustrava il legame fra uomo, ambiente,
creatore, attraverso le tappe d’obbligo: peccato, presa di coscienza,
riscatto. Poco si sa della vita, incerta la data di nascita, famiglia di
artigiani pittori, sposa la ricca patrizia Aleid, sicché abita
nell’agiato Nord della piazza ed entra nella Confraternita di Nostra
Signora, non viaggia, dipinge tante opere scomparse. Se ne ignora la
sepoltura.