mercoledì 6 gennaio 2016

La Stampa 6.1.16
“Gli uomini aggrediscono perché sono insicuri
E il branco riduce responsabilità e sensi di colpa”
La sociologa: con la crisi cresce l’odio sociale verso il successo femminile
intervista di Francesca Paci
Emiliana De Blasio è sociologa e docente di gender studies alla Luiss di Roma


Gli siamo sfuggite di mano e gli uomini lanciano fendenti alla cieca». Emiliana De Blasio, sociologa e docente di gender studies alla Luiss di Roma, vede nelle decine di donne aggredite a Colonia una resa dei conti tra il sesso forte e la Storia.
Ne sono consapevoli gli uomini? Cos’ha in testa un molestatore protetto dal branco?
«Le dinamiche di gruppo sono diverse da quelle individuali, annullano la sfera relazionale, specie nel caso di gruppi di soli uomini. C’è una sorta di esaltazione collettiva che ha radici ancestrali, mescola l’insicurezza del singolo alla lotta per il predominio tra maschi e si traduce nella conquista più o meno bestiale della donna. Inoltre Capodanno è la più pagana delle feste, il baccanale di fine ciclo, un rito di passaggio senza freni in cui perfino i civilissimi norvegesi si abbandonano a sei giorni di guerra folle».
Perché le donne sono bersaglio di abusi collettivi a Colonia come al Cairo, capitale delle molestie con vette da 80 casi al giorno?
«È choccante, Colonia è una delle città più avanzate d’Europa sui diritti di genere. Ma siamo in guerra, o almeno i dati sulla paura diffusa dicono che c’è la percezione di essere in guerra, economica, culturale, identitaria. E in ogni guerra c’è una ricompensa prevista per i guerrieri: le donne. La fine dei conflitti è sempre stata seguita da arretramenti culturali e restrizioni dei diritti femminili. In Egitto, come in India, le donne pagano per il loro protagonismo politico espresso anche dalla maggior propensione a denunciare stupri e molestie, da noi perché reggono meglio alla crisi economica. Comunque sono il risarcimento che i maschi credono gli sia dovuto».
Gruppi come Feminist Frequency denunciano l’aumento delle cybermolestie contro le donne. Vede un rapporto tra l’anonimato garantito dalla Rete e quello garantito dal branco?
«L’anonimato esalta il maschio Alfa dominante e ne annacqua l’eventuale senso di colpa nella responsabilità condivisa. Le molestie in branco e quelle online si assomigliano: torna d’attualità la paura della Scuola di Francoforte che nella folla potesse perdersi la civiltà».
Diversi studi evidenziano come la propensione alla molestia di branco sia maggiore nel caso di giovani e disoccupati. È così?
«Sappiamo ancora poco sugli assalitori di Colonia, ma credo che questi fenomeni abbiano cause più culturali che sociali. Di certo però i giovani cedono più facilmente alle dinamiche di gruppo perché hanno identità meno strutturate. D’altra parte l’aumento della violenza di genere nel Sud Italia indica che chi è in difficoltà lavorativa può prendersela con le donne, meno esposte a perdere il posto».
Decenni di lotte per scoprire che nel Medioriente pre-moderno come nell’avanzata Europa l’uomo in crisi, solo o in gruppo, si rivale sulla donna?
«Un certo odio sociale verso il successo delle donne c’è. La costruzione dell’inferiorità femminile è un fatto globale pur non avendo fondamenti biologici. Ma voglio essere ottimista: l’aumento della violenza di genere, che si accompagna comunque a un aumento delle denunce, mi pare il colpo di coda di un’attitudine culturale, una prova di debolezza ancora più evidente nel caso del branco».