giovedì 7 gennaio 2016

Il Sole 7.1.16
Un anno iniziato con troppi fronti aperti
di Ugo Tramballi


Non sembra un inizio promettente quello di un 2016 già incerto prima di nascere, quanto a stabilità geopolitica e crescita economica. Prima l'Iran e l'Arabia Saudita minacciano di trasformare in un campo di battaglia il più grande serbatoio di petrolio del mondo. Tre giorni più tardi un giovane dittatore asiatico fa esplodere una bomba atomica fra Cina, Corea del Sud e Giappone, la powerhouse dell'industria globale.li altri due grandi pilastri geografici dell’economia mondiale non presentano le stesse criticità belliche ma offrono comunque motivi di preoccupazione. Le certezze da XXI secolo avanzato di un’Europa senza frontiere sono demolite da un fenomeno migratorio senza precedenti: presto potremmo trovarci nella condizione paradossale di avere una moneta unica ma tanti confini invalicabili. E, a voler essere pessimisti, negli Stati Uniti esiste l’ipotesi remota ma non così impossibile di una presidenza Trump fra una decina di mesi. Se accadesse, il centro del capitalismo mondiale finirebbe nelle mani di un padrone delle ferriere del XIX secolo, e la pace del mondo in quelle di un pistolero.
Non è improbabile che Kim Jong-un, il giovane dittatore nord-coreano, non abbia fatto detonare l’ennesima bomba atomica solo per festeggiare i suoi 33 anni: il compleanno è domani. La Corea del Nord non ne sa molto di economia di mercato ma è sospetta la coincidenza fra l’esplosione nucleare sotterranea e la crisi delle borse di quella regione. Gli esperti spiegano che in realtà l’ordigno sperimentato non era all’idrogeno come aveva annunciato con orgoglio infantile il governo di Pyonyang, ma un congegno atomico ”tradizionale”: solo sei kilotoni di energia, la metà della potenza della bomba di Hiroshima. Più o meno, una bomba come quelle che la Corea del Nord aveva già fatto esplodere nel 2006, 2009 e 2013, prendendosi gioco dei trattati sulla non proliferazione e del mondo intero.
Una bufala ma pur sempre nucleare. Perché la Corea del Nord è un nano rispetto a Cina, Giappone e Corea del Sud. Ma è un nano con la bomba grazie alla quale può contribuire ad aggravare la crisi economica cinese non meno del doloroso passaggio dall’investimento nelle grandi infrastrutture all’aumento dei consumi interni. Senza contare che potrebbe anche radere al suolo Seul, a una quarantina di chilometri dalla linea di demarcazione. Nonostante i molti tentativi di migliorare il mondo, chi ha la bomba - anche un personaggio grottesco come Kim -, determina più cose di un Nelson Mandela che con F.W. de Klerk (due Nobel per la pace) 25 anni fa decise di cancellare il programma nucleare sudafricano.
A proposito di Sudafrica, nel 2016 potremmo assistere anche alla fine del sogno della Rainbow Nation: Jacob Zuma sta trascinando il Paese verso un altro grande fallimento africano. Il più grande, date le premesse. Oltre alla crisi economica ormai senza uscita dell’ex miracolo brasiliano e a quella crescente della Russia di Vladimir Putin: che di bombe atomiche ne ha circa 1.800. Attive.