il manifesto 12.1.16
Renzi ha deciso: prima le riforme e poi le unioni civili
Diritti. Il premier vuole mettere in salvo il ddl Boschi
di Leo Lancari
ROMA
Prima la riforma costituzionale e poi le unioni civili. E’ questa la
strada decisa da Matteo Renzi per mettere in salvo al Senato ciò a cui
non fa mistero di tenere di più. Anche perché il 20 gennaio si dovranno
decidere le nuove presidenze delle commissioni e il premier sa che
l’argomento è un altro motivo di scontro con l’alleato Ncd. Motivo in
più quindi per mettere subito in salvo il ddl Boschi, con la speranza di
aver chiuso tutti i file più delicati entro il 26 gennaio, giorno in
cui l’aula del Senato discuterà il ddl Cirinnà. Evitando così brutte
sorprese.
Più che di diritti, è di poltrone e precari equilibri di
maggioranza che probabilmente si discuterà nei prossimi giorni. Ieri il
centrodestra, nel tentativo di bloccare di nuovo le unioni civili, ha
proposto di rinviare il testo in commissione Giustizia del Senato dove
in passato è riuscito a tenerlo impantanato per mesi grazie
all’ostruzionismo e a 4.200 emendamenti. Una proposta, hanno spiegato i
senatori Maurizio Sacconi e Nico D’Ascola, che «avrebbe senso rispetto
alle esigenze di coesione politica della maggioranza e, ancor più, alla
luce dell’evidente necessità di non lacerare la nazione».
Ipotesi —
quella del partito di Alfano — che però non viene neanche presa in
considerazione dal Pd, già diviso al suo interno sulla stepchild
adoption, la possibilità di adottare il figlio del partner, per
assumersi la responsabilità anche di un nuovo rinvio della legge.
Mercoledì tornerà a riunirsi la cosiddetta bicameralina, il gruppo di
lavoro composto da cinque senatori e sei deputati guidato dalla
responsabile Diritti del partito Micaela Campana. E in quella sede si
vedrà a che punto è la notte, se il Pd sarà capace di prendere
finalmente una posizione definitiva sulle adozioni da parte delle
famiglie omogenitoriali. In caso contrario andrà verificata l’esistenza
di una mediazione capace di mettere d’accordo tutti, cosa che appare
però molto improbabile visto che gran parte del partito, ma anche tutte
le associazioni lgbt, considerano il ddl Cirinnà già una mediazione e
non accetterebbero niente di meno. Una posizione condivisa in parlamento
anche da Sinistra italiana, M5S e socialisti, la maggioranza
alternativa che permetterebbe al governo di portare finalmente a casa il
ddl senza ricorrere ai voti di Alfano.
Intanto a ulteriore
conferma della confusione interna al Pd, fioccano proposte di tutti i
tipi. Dopo quella sull’«affido rafforzato» avanzata da una trentina di
senatori cattolici e destinata a finire in un emendamento al ddl, si è
parlato anche della possibilità di arrivare all’adozione del figlio del
partner al termine di un periodo di affido della durata di cinque anni.
Tutte ipotesi che rischiano di essere bocciate per incostituzionalità e
che comunque non mettono certo d’accordo le varie anime del partito.
«Più che altro sembrano soprattutto voler mettere in chiaro una cosa:
che quelle omogenitoriali sono famiglie di serie B, con meno diritti
rispetto a quelle eterosessuali», spiega il senatore dem Sergio Lo
Giudice, ex presidente dell’Arcigay
Chi continua a mostrarsi
ottimista è la relatrice della legge, Monica Cirinnà. «Perfino il
presidente del Senato Pietro Grasso è favorevole», ha detto, aggiungendo
di esser sicura che alla fine il Pd riuscirà a ricompattarsi. «Su molti
temi si è dilaniato — ha spiegato — dall’articolo 18 alla scuola, per
non parlare delle riforme costituzionali. Ma poi alla fine si è sempre
trovata l’unità».