sabato 12 dicembre 2015

se non fanno politica, di che campano?
il manifesto 12.12.15
Fratoianni: «Per noi il processo costituente va avanti»
«Sbaglia chi vuole mantere le vecchie organizzazioni, serve un'innovazione soprattutto per quelli che non hanno tessere»
«Ci daremo appuntamento con chi condivide un percorso che rompa col passato, innovativo, largo, aperto al confronto con tutti»
di Daniela Preziosi


«Dobbiamo prendere atto che ci sono punti di vista diversi su quello che dobbiamo costruire. Io, con altri, penso sia necessario dare vita a una forza politica capace di rompere con quello che c’è, di costruire un’innovazione radicale, di mettere in discussione non solo i consumati contenitori esistenti, ma anche le consumatissime identità». Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel è uno dei ’mediatori’ che in questi mesi hanno discusso del soggetto unitario a sinistra. Un processo che ieri ha avuto una battuta d’arresto. La ragione, tagliando grossa la questione, è che Sel chiede di sciogliere i partiti nella nuova creatura. Il Prc non intende farlo. Naturalmente Fratoianni difende il suo punto di vista: «C’è bisogno di andare in mare aperto, e lo faremo insieme a tutti quelli che condividono questa prospettiva».
In sostanza voi volete rottamare i partiti di provenienza?
Non accuso nessuno di proporre surrogati o federazioni, anzi riconosco lo sforzo di tutti. Ma ho l’impressione che conservare le organizzazioni rischia di non metterci nella condizione di costruire un processo attraente e attrattivo per i tantissimi che una tessera non ce l’hanno. Che invece sono il principale punto di riferimento a cui dovremmo guardare. Anche per questo sarebbe sbagliato tradurre la nascita di Sinistra italiana, il nuovo gruppo parlamentare, in un nuovo soggetto: c’è bisogno di una cosa più larga, più ricca, ma per farla c’è bisogno che tutti mettano in discussione fino in fondo la propria appartenenza.
La differenza di modello organizzativo non nasconde differenze politiche più profonde e antiche? Prendiamo il caso di Milano: Sel sta decidendo se partecipare o meno alle primarie di centrosinistra, per altri l’opzione è neanche in discussione.
Le differenze ci sono, ma non vedo perché dovrebbero spaventarci. Darsi un partito significa dotarsi di un’analisi teorica, una lettura, un’identità. Le amministrative sono il terreno di un’articolazione possibile, ma il partito che dobbiamo costruire non deve fare delle amministrative il suo primo test. Dovunque è possibile lavorare a percorsi unitari, soprattutto in rapporto con percorsi civici, lo faremo.
Perché non volete dare tempo per sciogliere il proprio partito a chi lo chiede?
Nessuno ha chiesto tempo, per alcuni sciogliersi è sbagliato. E io considero questa scelta al di sotto di quello di cui abbiamo bisogno. Rispetto tutti e non metto voti, ma non mi sembra quello che ci viene chiesto. Oggi ci viene chiesto un salto, un’ambizione. Siamo dentro un cambiamento enorme che riguarda il mondo e dobbiamo mettere in discussione un apparato che è molto più della forma organizzata, ha a che fare con l’apparato teorico, con la proposta politica. Per farlo è necessario mettersi dentro questo percorso tutti nella stessa condizione, una testa un voto. Garantendo a tutti quelli che non appartengono a nessuna organizzazione di poterci stare da protagonisti.
In Europa ci sono fronti di sinistra che consentono di mantenere in vita i partiti di provenienza.
Ci sono molti modelli, noi ne proponiamo uno. Noi di Sel abbiamo avviato un processo di scioglimento, con un atto politico sul terreno parlamentare. Ed è un processo che di fatto abbiamo avviato anche nella nostra organizzazione. Naturalmente il modello organizzativo non è tutto, conta l’idea che c’è dietro: in Italia riproporre quello che abbiamo visto tante volte, e cioè la somma delle debolezze di ciascuno, non serve. Si rischia una coazione a ripetere, condannata all’inefficacia.
Andrete comunque avanti?
Certo, è necessario mettere in campo comunque un processo costituente aperto, innovativo largo. Da subito: con tutti quelli che condividono questa necessità, sapendo che è aperto e pronto a confrontarsi con tutti. Pippo Civati, oggi ha scelto di costruire Possibile, resta un interlocutore. Chiunque anche abbia un’altra idea, resta un interlocutore. Con questa premessa, e il massimo dell’apertura, affrontiamo la stagione referendaria su cui sta ragionando la Cgil. Ci sarà poi un referendum decisivo contro la pessima riforma costituzionale.
Pisapia, Doria, Zedda e anche Laura Boldrini vi chiedono di riaprire la stagione del centrosinistra.
Il centrosinistta che abbiamo conosciuto è stato il terreno di un impegno non solo di un pezzo della politica ma di una parte del paese. Oggi non c’è più, cancellato dalle politiche di Renzi. Senza un’analisi e un giudizio di queste politiche evocare il centrosinistra è un esercizio di nostalgia. Evocarlo per la paura delle destre non funziona: rischia di non farci vedere qual è la ragione dell’avanzata delle destre neofasciste e populiste. Che è tutta dentro il fallimento delle sinistre di governo e della loro incapacità di rispondere alla crescita della disuguaglianza. Per questo il nuovo soggetto deve collocarsi in uno spazio chiaro di alternativa.
Che farete a Milano?
Difendo il laboratorio di Pisapia, ma quel laboratorio sta diventando il terreno di conquista del partito della nazione. Colpisce che Giuseppe Sala dica che le primarie non debbono essere un rodeo. Le primarie solo il terreno di un confronto politico su un’idea di città. E forse qui c’è il cuore del problema: la città non è un consiglio di amministrazione.