Repubblica 23.12.15
Vendola sogna Podemos “Morta la vecchia sinistra” Ma la nuova resta divisa
A febbraio la convention per un soggetto unitario tra i distinguo delle varie anime. Il nodo del leader
intervista di Tommaso Ciriaco
ROMA E adesso, Podemos anche in Italia? «Sì - riflette Nichi Vendola - ci interessa come Iglesias rifonda la sinistra. Non possiamo riesumare la salma di quella novecentesca, dobbiamo metterci in gioco». Per adesso si moltiplicano soltanto le sigle. E si litiga: Sinistra italiana contro la Coalizione sociale di Landini, Possibile contro Sel. Avanti da separati in casa, per non parlare del leader: ancora non c’è, sceglierlo assomiglia a un rebus. Il risultato? La costituente di sinistra perde pezzi e alle amministrative correranno divisi. Senza contare la spietata concorrenza dei grillini, insuperabili sul terreno dell’antipolitica: «In Italia c’è il Movimento che assorbe una fetta importante dell’indignazione - ammette Pippo Civati - e complica i nostri progetti».
C’è un paradosso che a sinistra manda in tilt le analisi del giorno dopo. Iglesias ha costruito Podemos mettendo nel mirino il Psoe, ma ha pure scongelato cinque milioni di voti in una notte, aprendo all’accordo con i socialisti. «E noi invece alle comunali di primavera cosa facciamo? Non ci alleiamo con il Pd - si sgola da tempo Dario Stefàno - E completiamo la nostra mutazione genetica». Rompere o trattare con Renzi, questo è il problema. Sono in parecchi a considerare il premier l’avversario tra gli avversari: «Vogliamo costruire una storia nuova - è netto Vendola - che ci liberi da quella doppia condanna per cui la sinistra o muore di potere o muore di impotenza».
L’idea era coinvolgere la galassia alla sinistra del Pd in un’impresa unitaria. Con Maurizio Landini e la sua Coalizione sociale, innanzitutto, con quell’ibrido fatto di sindacalismo, reti civiche, lotte sociali e politiche. Un po’ come gli Indignados, prima di trasformarsi in Podemos. Niente da fare, almeno per adesso: «Io non sto costruendo un partito - assicura il leader Fiom - mi sto occupando del contratto dei metalmeccanici. Certo, se guardo a Madrid, al Portogallo e alla Grecia, vedo la crisi della socialdemocrazia e osservo soggetti sociali nuovi che recuperano consenso». Non è tempo del gran salto, comunque: «Andiamo avanti costruendo centri anti-usura e facendo rete per aprire scuole e ambulatori».
No, poco o nulla fila liscio da queste parti. Come detto ci sarebbe il cantiere lanciato da Sel. Quando Vendola ha proposto a tutte le sigle di sciogliersi per ripartire, il tavolo unitario è saltato e sono rimasti solo gli ex Pd Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre e Sergio Cofferati, più qualche associazione. Chi ci sta, ci sta: «Abbiamo faticato a trovare il binario giusto - tiene il punto l’ex governatore pugliese - e non vogliamo un treno che ci riporti indietro». Si incontreranno dal 19 al 21 febbraio, poi in autunno nascerà qualcosa di più grande chiamata sempre Sinistra italiana, oppure “Partito della Sinistra”. Senza Rifondazione comunista, senza Landini, senza Civati: «Non vado con loro non perché mi stanno antipatici ma perché penso che siano lì solo a presidiare il 5% - picchia duro il capo di Possibile - La mia idea è l’Ulivos, con la radicalità spagnola e la prospettiva di governo dell’Ulivo».
Replicare Podemos è un obiettivo ambizioso. Scalare quelle vette di consenso quasi un’impresa. Eppure a sinistra la speranza si chiama proprio Madrid: «Anche noi possiamo rompere il bipolarismo Grillo-Pd - ragiona il capogruppo vendoliano Arturo Scotto - Iglesias, tra l’altro, fa politiche socialdemocratiche, mica propone la rivoluzione...». Il dibattito prosegue, asprissimo. «Smettiamola di scimmiottare prima Syriza e ora Podemos - si arrabbia il deputato di SI Stefano Quaranta - Noi non siamo quella cosa lì. Se incarniamo l’anticasta come i grillini, rischiamo la fine di Izquierda unida». Cioé dei cugini spagnoli di sinistra, divorati proprio da Podemos.