Repubblica 18.12.15
Varsavia, prove di golpe no a Europa e migranti purghe e leggi stravolte
Tra esorcismi contro i giornali (“nemici della patria”) e censura della Consulta il nuovo governo nazional-conservatore emula l’Ungheria di Orbán
“Purtroppo i cittadini non si ribellano e il potere denuncia quella di Solidarnosc dell’89 come la rivoluzione dei traditori”
di Andrea Tarquini
BERLINO Esorcisti in piazza. Nei cortei governativi a Varsavia dove una generazione fa, in nome della libertà e dei valori costitutivi d’Europa, Solidarnosc appoggiata da Karol Wojtyla e la giunta di Jaruzelski s’intesero per avviare la fine dell’”Impero del Male”. L’altro giorno hanno assaltato la redazione di Gazeta Wyborcza,
il quotidiano fondato da Adam Michnik che fu primo media libero dell’Est. Rabbia guidata dall’alto: «I nostri nemici sono comunisti e ladri, hanno nel codice genetico il tradimento della patria», tuona Jaroslaw Kaczynski, leader del PiS, il partito nazionalconservatore che dalle politiche del 25 ottobre ha la maggioranza assoluta.
«Porterò Budapest a Varsavia», aveva promesso, e lo fa col turbo: corte suprema normalizzata e di fatto abolita, imminente nuova legge elettorale per ridisegnare le circoscrizioni a vantaggio della destra e dimettere i poteri locali liberal o di sinistra eletti “illegalmente” prima, “ripolonizzazione” annunciata dei media a capitale straniero, specie se tedesco. Natale triste nella terra di Wojtyla e Walesa: un Termidoro nero scende sulla Polonia, l’Europa assiste al Sacco di Varsavia.
«Quando gli esorcisti sono arrivati, abbiamo offerto loro del tè e continuavano le cerimonie», racconta Konstanty “Kostek” Gebert, veterano di Solidarnosc e di Gazeta, intellettuale di punta della comunità ebraica. Messaggio chiaro: sono loro, i liberal dell’89 non violento, i dèmoni da esorcizzare. Un colpo dopo l’altro: prima l’imposizione di nuovi giudici docili alla Consulta, poi la censura governativa alle sentenze della Suprema corte invocanti il rispetto della Costituzione.
La Consulta protesta, appoggiata da Amnesty International: di fatto non esistiamo più. Nuove leggi — anche queste retroattive, come in una dittatura — impongono una presenza di minimo 13 giudici su 15 per sentenze anche passate, o non sono valide. «Colpo di Stato», grida allarmato Martin Schulz da Bruxelles. In pubblico la neopremier Beata Szydlo è divenuta la prima leader Ue a presentarsi senza più alle spalle il vessillo blu con le stelle dorate che altrove sventola alle note dell’Inno alla gioia. In piazza, vessillo calpestato come fanno gli ultrà magiari o del Front National. E le accuse di colpe russe per la sciagura aerea in cui morì il fratello di Kaczynski diventano inchiesta ufficiale, insieme alla richiesta alla Nato di avere ogive atomiche: Polonia scintilla pericolosa per i rapporti tra Putin e il mondo libero, mentre militari francesi e russi, usa canadesi e australiani combattono e muoiono insieme contro il Daesh.
«Purtroppo la gente non si ribella, e il potere denuncia l’89 come “rivoluzione dei traditori”, dice Gebert. Ed ecco la grande purga, come a Budapest. «Il ministero della Cultura gestirà i media pubblici». Chi non si adegua dovrà andarsene. «Sarò tra i primi», dice a Die Zeit Tomasz Lis, star della tv: troppe denunce dell’imitazione polacca del modello magiaro.A Cracovia, che Wojtyla mantenne vivace anche sotto il comunismo, rischia Jan Klata, direttore dello Stary teatr: troppe rappresentazioni «immorali e antinazionali». «Orbànizzazione» è il concetto che fa tremare.
Non è finita, lamentano fonti diplomatiche occidentali: «La Polonia che dai fondi di coesione Ue riceve ogni anno oltre un punto di crescita del prodotto interno lordo, più della crescita annua italiana o francese, rifiuta ogni solidarietà con Germania, Svezia, Italia sovraffollate di migranti. Prendono solo gli ucraini bianchi e cristiani». Contro la Berlino di Merkel, urla razziste: «I tedeschi hanno un codice genetico antipolacco», afferma l’accademico governativo Bohdan Musial. La società civile non si arrende ancora, ma questa volta non ha più dalla sua la Chiesa. «Il principale nemico dell’episcopato», mi spiega anonimo per prudenza un credente critico, «ora è Papa Francesco con i suoi messaggi moderni d’amore».