La Stampa 3.12.15
Il welfare secondo Boeri
Misure per giovani e over 55 e tagli agli assegni d’oro
Dal piano anti-povertà alle idee sulla previdenza, un rapporto complicato con Renzi e i suoi ministri
di Paolo Baroni
Il patto non scritto al momento di assumere l’incarico prevedeva che oltre a ricoprire l’autorevole ruolo di presidente dell’Inps Tito Boeri fornisse anche un contributo di idee e di proposte al governo, a Matteo Renzi. Il problema è che Boeri questo incarico l’ha preso davvero sul serio, al punto da arrivare a volte a mettere anche in imbarazzo palazzo Chigi, e finire al centro di accese polemiche. Come quando ha messo nero su bianco un vero e proprio piano di riforma della nostra previdenza sconfinando in quello che il giuslavorista ed ex sindacalista Giuliano Cazzola ha definito un vero e proprio «abuso di potere».
Ad ogni “acuto” del professore della Bocconi in tanti si sono domandati per chi stesse lavorando Boeri. In questi mesi, infatti, molti a più riprese hanno sospettato che tanto attivismo, inconsueto se si pensa alla gestione grigia e burocratica di tanti suoi predecessori, servisse solo a fare da testa d’ariete per conto del premier. Vuoi per saggiare la risposta dell’opinione pubblica, vuoi magari per smuovere le acque in Parlamento o stanare il ministro dell’Economia sempre preoccupato per la tenuta dei conti e quindi molto freddo su ogni intervento in tema previdenza.
Renzi l’anno scorso, dopo aver formalizzato la nomina, si è subito affrettato a chiarire di non aver affidato a Boeri il mandato di riformare le pensioni. «Leadership è mettersi accanto persone più brave di se stesse - aveva spiegato - ma questo non vuol dire che le idee di chi viene a darci mano diventino programma di governo».
Boeri, una volta prese le redini di un gigante come il nostro Istituto nazionale della previdenza sociale, quasi 30 mila dipendenti sparsi in tutta Italia, 21 milioni di pensioni da pagare ogni mese ed un bilancio che supera i 400 miliardi di euro, ha subito fatto sapere come la pensava. Puntando dritto contro le pensioni d’oro e fustigando i politici (per i loro vitalizi erogati senza regole chiare) e pure i sindacalisti, additati al pari di piloti, ferrovieri e tanti altri regimi particolari, come dei veri privilegiati.
Il piano dell’Inps
Il vero “botto” Boeri l’ha però fatto poche settimane fa quando ha rivelato nei dettagli il piano che aveva consegnato al governo e che fino ad allora rimasto nel limbo. Mossa «concordata con palazzo Chigi», si erano affrettate a spiegare le solite «autorevoli fonti», ma che in realtà nascondeva una certa insofferenza per il silenzio che fino a quel momento l’aveva accompagnata.
Accantonata l’idea di un ricalcolo contribuivo delle pensioni più alte, che tanto aveva già fatto discutere, il presidente dell’Inps ha proposto una serie di interventi, riassunti sotto il titolo-slogan «Non per cassa ma per equità», che vanno da un aggiustamento in base all’età delle pensioni più ricche al ricalcolo dei vitalizi dei politici, dal riordino (ovvero il taglio, sopra una certa soglia di reddito) delle prestazioni assistenziali per gli ultra-65enni alla proposta di aiutare gli ultra55enni più poveri. Il tutto tradotto in una vera e propria proposta di legge che subito ha fatto imbestialire mezzo Parlamento, che in questo modo si è visto esautorato. Proposta bocciata in pieno sia da Renzi che dal ministro Poletti, perché giudicata nel complesso troppo onerosa. «Così si mettono le mani nel portafoglio di milioni di italiani», aveva commentato il ministro del Lavoro, che aveva classificato come «un contributo utile, ma non realizzabile adesso» la proposta di Boeri che ancora una volta l’aveva palesemente scavalcato.
Boeri, in realtà, qualche punto a suo favore l’ha messo a segno, visto che ad esempio sulla povertà molte sue proposte sono state recepite dalla legge di stabilità. E l’affondo di lunedì sulle pensioni future degli under 40? Disegna un’Italia diseguale, con le nuove generazioni, figlie del precariato e del lavoro sempre più spezzettato, costrette a lavorare all’infinito e con stipendi spesso molto miseri che poi un domani si tradurranno in pensioni altrettanto misere. E’ il tema dell’equità che riemerge, in questo caso tra le generazioni, del conflitto di interessi vecchi/giovani: è per questo che secondo Boeri bisogna intervenire sugli assegni più ricchi, per disporre delle risorse necessarie a garantire un futuro sereno anche ai più giovani. In pratica si tratta di evitare che i padri prosciughino tutto a scapito dei figli. Una sfida quasi impervia da affrontare, ma pare che questa volta l’affondo di Boeri sia stato ben accolto a palazzo Chigi. Vedremo poi se si tradurrà o meno in qualche iniziatica concreta del governo.