giovedì 10 dicembre 2015

il manifesto 10.12.15
Il travaglio di Sel: «Vanno ascoltati» «No, la rottura è colpa di Renzi»
Anche Laura Boldrini nel ruolo di pontiera con i democratici
Oggi una direzione del partito
Il nuovo soggetto unitario e il rischio che si apra una faglia interna
di Daniela Preziosi


La lettera-appello per la ricostruzione del centrosinistra alle amministrative e oltre firmato dai tre sindaci di Sel non è certo un fulmine a ciel sereno. Nel cielo del partito vendoliano da mesi ormai si addensano nuvole nere. La discussione sulle alleanze per le amministrative di giugno dura da mesi: in molte grandi città (Torino, Bologna, Napoli, Roma) le alleanze ormai sono archiviate. Ma non tutti i dirigenti e gli amministrazioni sono pronti a seguire la strada indicata dal nazionale. C’è il rischio dell’apertura di una faglia interna da nord a sud dello Stivale, forse quantitativamente modesta ma dolorosa, e si intreccia inevitabilmente con la discussione sul nuovo partito unitario della sinistra che dovrebbe nascere a gennaio. Un soggetto unitario in cui possano trovare asilo i senza casa politica e i profughi del Pd renziano, per alcuni. Per altri, una ’cosa rossa’ radicale e minoritaria. In questa seconda maniera la pensa il senatore Dario Stefàno, già candidato alle primarie pugliesi contro Emiliano, che infatti non ha aderito alla componente di Sinistra italiana del gruppo misto di Palazzo Madama. Il collega Luciano Uras in Sardegna sta dando vita a un movimento federato a Sel, ma autonomo, proprio per mettere in sicurezza l’alleanza che governa Cagliari e la regione.
Fin qui si trattava di un dibattito consumato in sordina, senza troppi clamori. Ora l’appello dei sindaci accende un faro sul travaglio del partito di Vendola. In queste ore alla sede di via Arenula si pesano le parole e si limano i comunicati. Per non esasperare le differenze. Che però ci sono. E che in questi giorni non si sono attenuate, complice anche un soggiorno all’estero di Nichi Vendola: che resta l’indispensabile leader capace di tenere insieme con il suo carisma un gruppo dirigente che ora deve prendere una decisione. Milano non è solo Milano, è la direzione di marcia del nuovo soggetto della sinistra, alla cui fondazione però Sel rischia di pagare un prezzo pesante. I tre sindaci (Doria, Pisapia e Zedda) rappresentano le esperienze più significative della stagione del centrosinistra nelle città. Ma il loro appello, si sa, ha la benedizione della presidente della camera Laura Boldrini, che con Pisapia ha una «profonda sintonia», come i due hanno dimostrato lo scorso ottobre in un dibattito pubblico: «Renzi non è nemico della sinistra. Pd e Sel tornino assieme come a Milano», aveva detto i la presidente. Pisapia, accanto, aveva annuito.
Oggi una direzione a porte chiuse non potrà non affrontare il tema della «faglia». Ieri il coordinatore Nicola Fratoianni, ultrà della ’cosa rossa’ e di fatto il numero due di Sel, ha replicato con freddezza ai suoi sindaci: «È Renzi che deve dire se accoglie o no l’appello. Per noi è un contributo importante verso il quale nutriamo rispetto e interesse. Ma è lui che deve dare una risposta, è lui che ha rotto il centrosinistra». La rottura a livello nazionale, ragiona Fratoianni, «non può non avere ricadute anche a livello locale ed è per questo che andremo con nostri candidati a Roma, a Torino e probabilmente a Bologna. A Milano vedremo, la situazione è in divenire». Di altro tono la reazione di Massimiliano Smeriglio, capofila se non delle ’colombe’ certo di quelli che più temono il «cupio dissolvi» nelle alleanze locali e il ritorno alla «Rifondazione 2.0»: è il vicepresidente del Lazio, e cioè di Nicola Zingaretti, governatore contrario al partito della nazione che in queste settimane infatti ha moltiplicato gli appelli al centrosinistra romano. Le parole dei sindaci vanno ascoltate, attacca Smeriglio, «così come quelle di Zingaretti. Mi convince l’approccio di ragionare città per città per rafforzare le alleanze che vedono protagoniste componenti della sinistra e del civismo, che governano in tante amministrazioni in Italia e che sono un’alternativa al partito della nazione’, alle derive moderate e soprattutto alla marea montante xenofoba e populista». La distanza con Renzi resta, ma per Smeriglio il rischio di consegnare le città alla destra c’è e «la sinistra, come i sindaci, è impegnata a costruire coalizioni capaci di competere e di battere tutte le derive a destra, comprese quelle interne al partito di Renzi». Per Fratoianni invece la destra avanza non per le mancate alleanze ma perché «la sinistra fa politiche di destra: come sta facendo il governo Renzi».