mercoledì 30 dicembre 2015

Corriere 30.12.15
Fenomenologia di gufi e sobillatori
di Pierluiigi Battista


Lui e i nemici, lui contro i «gufi», contro chi rema contro. Contro i rosiconi, contro i conservatori. Il racconto di Matteo Renzi nel bilancio di fine anno è strutturato sull’antagonismo, sul dualismo tra lo slancio del giovane premier e la resistenza di chi vuole ostacolarlo.
Con una novità: il fumetto del gufo, come rappresentazione del sobillatore.
«S obillare» è parola del vocabolario politico molto impegnativa e carica di (cattiva) storia, e Matteo Renzi l’ha usata in conferenza stampa per denunciare i «sobillatori» sindacali che avrebbero terrorizzato i professori precari agitando lo spettro della «deportazione» scolastica, parola ancor più sovraccarica di storia cattiva e tragica usata irresponsabilmente dai sindacati. Ma la denuncia della «sobillazione» si attaglia perfettamente al racconto che Matteo Renzi vuole dare di se stesso: lui e i nemici, lui contro i «gufi», lui contro chi rema contro, lui contro i rosiconi, lui contro i conservatori. Lui contro.
Il racconto renziano, storytelling se si preferisce, è strutturato sull’antagonismo, sul dualismo, tra lo slancio del giovane premier e l’occhiuta resistenza di chi vuole ostacolarlo, animato sempre e inevitabilmente da motivi oscuri e inconfessabili, da malmostosità reazionaria e senile, da autolesionismo dannoso per l’Italia. Se non ci fosse un nemico, Renzi dovrebbe inventarlo. E anche ieri nella consueta conferenza stampa il premier ha creato la regia dell’inimicizia perfetta. Sembrava quasi smanioso, nella ricerca del nemico.
Ieri è apparso così composto da sembrare quasi stanco e svogliato. Il contrario dell’effervescenza ipercinetica della prima conferenza stampa, una raffica di battute, motti di spirito, annunci choc, giovanilismo sfrenato e twittarolo. La conferenza stampa in cui un premier aveva introdotto la «slide» come simbolo di modernità e discontinuità rispetto alle uscite in doppiopetto della vecchia politica pigra e dal passo da dinosauro. Ieri Renzi ha usato una slide per trasmettere il suo messaggio. Ma con una novità: il fumetto del gufo. L’antitesi, il nemico, il sabotatore, il sobillatore. La retorica del gufo disfattista sta diventando un po’ logora? Renzi non può rinunciare al suo messaggio, ma ha bisogno di stilizzarla, renderla più comprensibile, immaginifica. Ecco allora il gufo appollaiato sulla slide. Non il «taci, il nemico ti ascolta», ma «metti il segno più, che il gufo mette il segno meno». Il gufo è la perfetta rappresentazione della coppia amico-nemico, noi-loro. Suggerisce l’idea di qualcuno che trama nell’ombra, si compiace delle sconfitte, vuole che Renzi fallisca e con lui ogni proposito di riforma e di innovazione. Hai dubbi sulla politica economica del governo? Gufo. Ha qualche dubbio che le tasse a conti fatti diminuiranno? Disfattista. Non pensi che la riforma del Senato sia la migliore sulla faccia della Terra? Rosicone. E infatti ieri Renzi ha annunciato nella conferenza stampa dedicata alla costruzione del nemico che sul referendum costituzionale lui, il giovane premier baldanzoso e generoso, giocherà la partita finale, l’Armageddon, lui contro tutti, Russell Crowe solo nell’arena, il gladiatore ad affrontare la triste armata dei gufi di ogni colore.
E quanti ce n’erano di gufi, che Renzi ha stanato in conferenza stampa. I giornalisti, prima di tutto. Maltrattati tramite duello con il presidente dell’Ordine dei giornalisti, organismo che Renzi dice di voler abolire. O meglio, dice che «se fosse per lui», l’Ordine sarebbe bell’e che abolito. Ma lui fa il presidente del Consiglio. Vuole abolire l’Ordine dei giornalisti? Lo faccia (qualcuno protesterà, ma molti saranno dalla parte del premier). Però se lo fa, poi chi potrebbe sostituire quel comodo nemico? Poi i nemici soliti, i sindacati, gufi sobillatori. Poi però la new entry, Angela Merkel e l’establishment europeo, presi a bersaglio nei giorni in cui il governo era in difficoltà per il pasticcio della Banca Etruria, e che ieri sono diventati nuovamente il nemico da respingere, i frenatori dell’Italia, gli umiliatori di professioni che vorrebbero calpestare la nostra giovane e dinamica e intraprendente e rottamatrice Nazione soffocata dall’austerità europea e tedesca in particolare. E poi persino il commissario Cottarelli, quello della spending review, che avrebbe tagliato male secondo il premier che finalmente si è liberato di lui e la cui opera potatrice dunque, per Renzi, sarebbe stata ben peggiore di un governo che alla fine ha deciso di tagliare molto poco. O quasi niente, come dicono i gufi che scrivono, altrimenti detti, altro luogo frequentatissimo nel lessico renziano, «commentatori», oppure «professoroni».
Tra la prima conferenza stampa e questa di fine 2015, le dinamiche posturali (c’è tutta una sofisticatissima bibliografia sulla «prossemica del potere»), il lessico, le stesse espressioni facciali di Renzi sono cambiate moltissimo. Prima era più baldanzoso, ora è meno felice, politicamente si intende. Prima per lui parlava solo il futuro, e il «cronoprogramma» era tutto una promettente avventura. Oggi il tempo scorre inesorabilmente, e il gioco si fa duro: o con me o contro di me, o con il cambiamento oppure nella schiera infetta dei gufi. Meno sorrisi, meno complicità con i giornalisti amicalmente chiamati per nome, come avveniva nella prima conferenza stampa, e più circospezione, più sospetto addirittura. Sembrerebbe un Renzi un po’ preoccupato. Ma forse sarebbe da gufi sottolinearlo .