Corriere 30.12.15
Al fronte
Le soldatesse curde: il Califfo ha paura di noi
In prima linea contro gli jihadisti: «Doppiamente dannati se uccisi da una donna»
di Lorenzo Cremonesi
AALOUA (Siria settentrionale) Non esiste sfera privata, se non quella della condivisione tra compagne delle poche cose che ci stanno in uno zaino: un pettine, il sapone, lo shampoo, un ricambio di vestiti. «Abbiamo scelto di essere soldatesse. Nessuna differenza con i commilitoni uomini. Facciamo i turni di guardia come loro, andiamo in pattuglia di notte come loro, rischiamo allo stesso modo. Siamo donne combattenti», raccontano le volontarie dello Jpj (Unità femminili di Autodifesa), quasi la metà della forza combattente dei curdi arroccati nella loro enclave indipendente nelle zone nordorientali della Siria. Sono circa 10.000 donne: «Il nostro numero è cresciuto dopo il l’estate 2014, quando vennero alla luce i crimini dell’Isis contro le donne yazide, violentate, ridotte a schiave sessuali, usate e uccise».
Le abbiamo incontrate ovunque. Anche in prima linea nella zona a nord di Raqqa, capitale del Califfato. Nella cittadina di Aaloua, deserta e sconvolta dalla guerra, vivono in gruppi di 5-6 tra le casupole utilizzate come basi. Sui muri i ritratti di compagne e compagni morti. Spicca quello di Arin Mirkan, la ragazza poco più che ventenne assurta a leggenda quando durante la battaglia per Kobane decise di farsi saltare in aria pur di non venire catturata. «Arin aveva finito i proiettili. Gli uomini di Isis l’avevano circondata. E fece la scelta giusta: altrimenti sarebbe stata violentata, schiavizzata e alla fine uccisa nel peggiore dei modi. Noi nelle sue condizioni faremmo come lei. Non avremmo alternative», spiegano due ventenni, Ani Zerin e Ani Sihaian.
«Le donne come noi che decidono di indossare la divisa non possono essere sposate, né avere figli. Proibiti anche gli amori con i compagni (chi viene beccato è processato ed espulso). Ma da quando siamo soldatesse non abbiamo sentito di alcun caso del genere. Non possiamo perché perderemmo la concentrazione necessaria a combattere». Ammettono che vogliono anche vendicare le vittime femminili dei jihadisti. Con un’arma in più. «I nostri nemici sono convinti che se verranno uccisi da una donna non avranno la dignità di martiri meritevoli il paradiso. Dunque quando ci vedono scappano, ci evitano. Una buona ragione per noi di stare al fronte». La sera intensificano le guardie. Con il buio aumentano i tentativi di attacchi da parte del nemico nascosto una decina di km più a sud. Il villaggio senza energia elettrica è avvolto dall’oscurità. Le donne lubrificano i fucili e ci ordinano di tornare alle retrovie. Le strade di collegamento possono essere minate.