martedì 22 dicembre 2015

Corriere 22.12.15
Da socialisti e Podemos muro contro Rajoy
Il premier uscente annuncia che tenterà di formare un governo con Psoe e liberali di Ciudadanos Ma le sinistre intendono sbarrargli la strada. Iglesias: «Non saremo più la periferia della Germania»
di E. Ro.


MADRID Calcolatrice alla mano, il presidente del partito Popolare, nonché premier uscente, Mariano Rajoy, cerca la quadratura del cerchio: formare un governo con l’appoggio, o perlomeno la condiscendenza, di quanti «condividono la difesa dell’ordine costituzionale, l’unità della Spagna, la sovranità nazionale, l’uguaglianza tra gli spagnoli, il ruolo internazionale del Paese e la lotta al terrorismo». I requisiti consentono in teoria un’ampia partecipazione, che includerebbe — nelle speranze dei popolari — perfino gli storici avversari socialisti. Ma il leader del Psoe, Pedro Sánchez, ha già opposto un secco «no» all’ipotesi dell’incarico a Rajoy per una seconda legislatura alla Moncloa.
Pur non citandoli esplicitamente, il vincitore (relativo) di queste elezioni guarda anche ai nuovi arrivati nel Congresso, Ciudadanos, abbastanza conservatori e altrettanto contrari a toccare la Costituzione. Peccato che la campagna elettorale del partito nato nel 2006 in Catalogna e guidato da Albert Rivera includesse la risoluta promessa di non associarsi al partito di governo: «Resteremo all’opposizione» conferma, a nome dei suoi 40 eletti, il presidente di Ciudadanos, che nello stesso tempo teme una deriva di stampo greco per la Spagna, con elezioni anticipate e ripetute. Quindi: «Mi appello a Pedro Sánchez, al suo senso di responsabilità e al suo senso dello Stato — ha detto Rivera — affinché permetta a Mariano Rajoy di governare».
Con 123 parlamentari, e la maggioranza relativa, sarebbe comunque un governo di minoranza e facilmente sotto scacco. Ma a sinistra la situazione è ancora più zoppa perché il Psoe, con i suoi 90 deputati (poco più della metà di quelli indispensabili per un governo di maggioranza), non può accettare le condizioni poste da Podemos, per garantire il sostegno dei suoi 69 eletti. La formazione «anticasta» di Pablo Iglesias pretende infatti la modifica della legge elettorale, della Costituzione (con l’inserimento della possibilità di una mozione popolare di sfiducia al premier, a metà legislatura, come in Venezuela) e, soprattutto, il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei catalani attraverso un referendum. Contro quest’ultima richiesta si rivoltano molti esponenti socialisti, a cominciare dall’autorevole presidente dell’Andalusia, Susanna Diaz, contraria a qualunque accordo che leda l’unità nazionale. Sul fronte europeo, il leader di Podemos non manda messaggi concilianti: «Il nostro messaggio all’Europa è chiaro, la sovranità è per noi una priorità in termini di organizzazione del sistema politico. La Spagna non sarà più una periferia della Germania».
Dal Pp, in ogni caso, è già arrivato l’altolà alle richieste di Podemos: al Senato Rajoy ha la maggioranza assoluta con 124 seggi e mai lascerà passare una riforma alla Costituzione.