domenica 20 dicembre 2015

Corriere 20.12.15
Il voto francese mette in luce i molti rischi dell’Italicum
Differenze. Mentre a Parigi è stato deciso di ricorrere, in una situazione di emergenza, a forme più o meno anomale di grande coalizione, l’Italia ha compiuto la scelta di un sistema elettorale maggioritario, affidando a un partito minoritario - quale che esso sia - il compito di governare
di Stefano Passigli


Malgrado che al secondo turno il Front National di Marine Le Pen sia stato sconfitto dalla convergenza degli elettori dei partiti tradizionali, il risultato delle elezioni regionali francesi conferma che i partiti anti-sistema ed anti-Europa sono in forte crescita in tutti gli stati dell’Unione. Non è questa la sola affinità che sembra legare Italia e Francia. Molte infatti sono le apparenti uniformità tra i due sistemi politici: un elevato grado di astensione dal voto, più pronunciata in Francia che in Italia malgrado che il richiamo all’ esprit républicain abbia elevato di numerosi punti la percentuale di voto al secondo turno contraddicendo la abituale tendenza alla sua diminuzione; il progressivo venir meno in entrambi i Paesi dello spazio per un autonomo partito di centro; e ciò nonostante la conferma di un assetto tripolare del sistema partitico, presente in Francia già da numerosi anni ma in via di consolidamento anche in Italia grazie alla rinnovata alleanza tra Forza Italia e Lega e allo stabilizzarsi del Movimento 5 Stelle.
In realtà, molte sono anche le differenze tra i due sistemi politici. Si prenda, ad esempio, il sistema partitico. In Francia, ad un assetto sempre più tripolare fa riscontro una competizione al secondo turno sostanzialmente bipolare, sia nel caso di un confronto — come avvenne nella elezione presidenziale del 2002 — tra il Front National e un’alleanza dei partiti tradizionali rafforzata dal voto gauchiste , sia nel caso di una competizione tra i socialisti di Hollande e i repubblicani di Sarkozy.
In Italia invece ad un assetto tripolare farà riscontro una competizione che rimarrà sostanzialmente tripolare. Essendo assai improbabile che una sola lista possa raggiungere il 40% previsto dall’Italicum per l’assegnazione del premio di maggioranza al primo turno, al secondo turno la competizione tra le prime due liste verrà sostanzialmente decisa non — come in Francia — da un accordo tra partiti, ma dagli elettori del partito giunto terzo nel voto del primo turno. Si tratta di una differenza sostanziale: mentre in Francia le élite politiche tradizionali sono ancora — anche se forse non per molto — in condizione di determinare gli assetti istituzionali attraverso quegli accordi consociativi che secondo il noto politologo olandese Arend Lijphart sono la sola maniera di salvare la democrazia in società profondamente divise, in Italia la possibilità di un accordo di vertice tra il Pd, il Centro-destra, e il Movimento 5 Stelle mi appare assai remota. Più probabile infatti che in una Italia ove è assente l’ esprit républicain siano gli elettori del terzo partito e non le élite politiche a determinare, grazie al forte premio di maggioranza, chi dovrà governare. Con la sostanziale differenza che mentre in Francia chi fosse chiamato a guidare il paese in una situazione di emergenza democratica potrebbe contare grazie ai partiti tradizionali sul sostegno di un’ampia base sociale, in Italia, in presenza di tre poli divisi tra loro da non più di 4-5 punti percentuali, il partito vincitore grazie al premio di maggioranza non potrebbe contare su quell’accordo consociativo che assicura in situazioni di grave difficoltà un sufficiente sostegno sociale. Prova ne sia che in Italia non si è mai riusciti a varare una efficace e stabile grande coalizione, e che persino il «compromesso storico» che consentì di sconfiggere le Brigate Rosse ebbe vita breve. E prova ne siano le difficoltà dell’Ulivo prima, e del disegno di un «partito della nazione» ora, a conseguire uno stabile successo.
In conclusione, mentre in Francia il collante che ha unito i partiti tradizionali contro il Front National in nome dei valori storici della democrazia francese è ancora prevalente rispetto agli elettori animati da una forte connotazione anti-europea, in Italia è probabile che una competizione elettorale regolata dall’Italicum vedrebbe al secondo turno il confronto tra uno schieramento filo-Europa ed uno schieramento anti-Europa: il recente e progressivo spostarsi del Movimento 5 Stelle su posizioni critiche dell’Unione Europea rende il risultato di una simile competizione elettorale assai incerto.
In queste condizioni, l’aver indebolito i pesi e contrappesi presenti nel nostro sistema costituzionale, abolendo il bicameralismo anziché correggerlo funzionalmente, e varando un sistema elettorale iper-maggioritario, rappresenta un indubbio rischio, non tanto per la democrazia, come alcuni paventano, ma paradossalmente proprio per quella capacità di governare che con le riforme si voleva assicurare.
La Francia appare insomma orientata a ricorrere in situazioni di emergenza a forme più o meno anomale di grande coalizione; l’Italia ha compiuto invece la scelta di ricorrere a un sistema elettorale maggioritario e di affidare così ad un partito minoritario nel paese — quale che esso sia — il compito di governare. Il futuro ci dirà quale sia stata la scelta più giusta .