venerdì 18 dicembre 2015

Corriere 18.12.15
«Gestazione per altri»
Contro gli abusi, mettere limiti con una legge
di Emma Bonino


Il dibattito sviluppatosi sul tema della «gestazione per altri», gli articoli e le inchieste proposte anche dal Corriere della Sera , consentono di analizzare alcuni passaggi di questa vicenda su cui è bene riflettere. Il tema del cosiddetto «utero in affitto» necessita da tempo di un ampio spazio di dialogo. Avrebbe forse meritato anche un’altra tempistica. Se da una parte l’appello di Se non ora quando-Libere, che ha dato origine a tutte queste riflessioni, ha avuto il merito di accendere i riflettori su un tema difficile, dall’altra lo ha però inserito in un contesto poco opportuno. La vicenda è infatti caduta in un frangente politico particolare, di grande incertezza su un tema di massima importanza come quello delle unioni civili omosessuali nel nostro Paese.
Gli omosessuali italiani e italiane, le famiglie con figli che esistono e non sono riconosciute e tutelate, meritavano forse una delicatezza diversa. E il tema stesso della gestazione o maternità per altri, così come quello della fecondazione assistita, avrebbe avuto bisogno ben prima dell’attenzione da parte di tutti, senza strumentalizzazioni. Come è noto, sulla gestazione per altri, l’associazionismo femminile e lgbt si è mobilitato con posizioni differenti. Per fortuna le donne, così come gli uomini, non sono una categoria e ci sono migliaia di teste pensanti. Ma c’è un purtroppo: l’associazionismo in Italia si muove in ordine sparso e con poca strategia, spesso sbagliando modi e tempi.
Si può però approfittare di questo spazio per ricordare un concetto importante: i diritti civili vanno conquistati insieme e non possono esserci, per nessuna presunta categoria umana, lotte a compartimenti stagni. Ignorare tutto questo è un errore politico e una miopia strategica. E spesso fa il gioco di chi è ben contento dello status quo e non lo cambierebbe di un millimetro, specialmente sui temi che riguardano i nuovi diritti.
Proprio ieri il Parlamento Europeo ha approvato a Strasburgo la relazione annuale sui diritti umani, la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell’Ue in materia. Tale relazione sembra contenere un giudizio negativo e tranchant sulla pratica della maternità surrogata. Non bisogna essere però così frettolosi nel chiudere questo capitolo, né a livello europeo, né a livello nazionale. Anzi, occorre discuterne ancora e con attenzione. Portare avanti una maternità per conto di un’altra persona è certamente questione di massima delicatezza, che si presta anche a forme di abusi. Ma è proprio per questo che servirebbero buone regole, capaci di distinguere nettamente tra azioni ispirate da solidarietà e consapevolezza e atti di sfruttamento criminale. Come sappiamo la legislazione italiana, che tutto proibisce con la minaccia del carcere fino a 2 anni, ha ottenuto come risultato quello di condannare alla clandestinità persone che cercano solo di concepire un figlio assieme.
Sarebbe indispensabile determinare in modo preciso alcuni casi in cui la maternità per conto di un’altra persona è consentita, in particolare per coloro che per motivi di salute non possono portare avanti una gravidanza o come nel caso delle coppie dello stesso sesso per la natura specifica. Inoltre, andando nel dettaglio e toccando il punto più delicato della questione, la determinazione di un eventuale compenso o rimborso economico, se stabilita, dovrà essere mantenuta sotto la soglia oltre la quale la logica commerciale non prevalga sulla logica solidale della compensazione tra chi è in grado di accogliere nel proprio grembo una nuova vita e di chi, per motivi di malattia o conformazione, non lo è più. Del resto questa logica è sempre presente a vario titolo in tutte le pratiche mediche, anche le più intime e vitali, all’interno di un’economia di mercato e di una società.
Soltanto una limitata e controllata legalizzazione è adeguata a governare un fenomeno tanto complesso quanto ineliminabile, anche attraverso una buona opera di dialogo e informazione su pratiche alternative quali l’adozione. È opportuno che la politica ne discuta laicamente, partendo dai risultati ottenuti e dai limiti riscontrati nei Paesi nei quali la legalizzazione — a vario titolo — è stata realizzata. La storia insegna che la legalizzazione dei fenomeni più complessi, la libertà di coscienza, la libertà delle donne, sono l’unica vera via per governare in modo lungimirante, garantendo al meglio i diritti di tutti.