mercoledì 16 dicembre 2015

Corriere 16.12.15
«Per FI è un boomerang»
Renzi sa di avere i numeri sulla mozione di sfiducia contro la ministra Boschi
di Maria Teresa Meli


«Voltare pagina». Matteo Renzi vuole farlo in fretta perché sa di avere i numeri sulla mozione di sfiducia contro la ministra Boschi. Ai suoi descrive come «un boomerang» per Forza Italia la scelta di votarla, perché così facendo creerà sconcerto nel suo elettorato. Ma ha anche una preoccupazione il premier: «I risparmiatori sono molti in Italia e dobbiamo evitare che non si fidino più di noi».
ROMA «Bisogna circoscrivere questa vicenda e voltare pagina». Anche se davanti alle telecamere di Porta a Porta fa mostra di non essere preoccupato, con i collaboratori Matteo Renzi non nasconde di nutrire qualche timore.
A impensierirlo non sono certo le mozioni. Anzi. Vorrebbe «votarle il prima possibile» per «lasciarsi questa storia alle spalle». Il presidente del Consiglio sa bene di avere un’ampia maggioranza alla Camera, e sa che anche al Senato i parlamentari di Denis Verdini, checché ne dicano i grillini, non saranno necessari perché la sinistra interna «si sta comportando in maniera seria e leale». Perciò un voto del genere, tanto più dal momento che le opposizioni non si esprimeranno tutte in maniera compatta per la sfiducia, può solo «rafforzare» il governo e la posizione della ministra Maria Elena Boschi. È questa la ragione per cui lo vorrebbe subito.
Non solo, c’è un altro aspetto di questa storia delle mozioni di sfiducia che secondo Renzi gioca in suo favore. L’uscita di FI, che ha deciso di rincorrere la Lega e il Movimento cinque stelle, viene infatti vista dal premier come un «vero e proprio boomerang», perché dimostra che quel partito è «garantista a corrente alternata», cioè solo quando ci sono in ballo questioni che riguardano Silvio Berlusconi.
È una mossa, quella di Forza Italia, che secondo Palazzo Chigi creerà sconcerto nell’elettorato azzurro, in quell’elettorato al quale Renzi non nasconde di puntare in vista delle elezioni amministrative, ma, soprattutto, delle politiche, che il premier ritiene si debbano tenere nel febbraio del 2018.
Un pezzo di quell’elettorato, del resto, stando ai sondaggi che arrivano con regolare frequenza al Pd, è già stato conquistato e Renzi è convinto che lo spettacolo di una FI appiattita sulle posizioni di Grillo contribuirà a provocare altre fughe.
Ma allora che cosa preoccupa il presidente del Consiglio? Non il «solito teatrino» allestito alla Camera e al Senato, bensì l’impatto che questa vicenda può avere sugli italiani. «I risparmiatori sono molti in Italia e dobbiamo evitare che non si fidino più di noi per colpa di tutto il clamore mediatico che viene dato a questa vicenda...», riflette il premier con i fedelissimi. I sondaggi riservati di Palazzo Chigi, finora, sono confortanti da questo punto di vista. Da quei dati emerge che per il 70 per cento degli italiani la colpa della situazione in cui si trovano le quattro banche salvate è degli stessi istituti bancari, mentre solo per il 13 per cento la responsabilità è da attribuirsi al governo. Quanto alle intenzioni di voto, il Pd è stabile al 33,6, mentre i grillini perdono lo 0,2 rispetto alla settimana scorsa, attestandosi sul 26,5 per cento.
Ma il problema è che non è affatto detto che la vicenda giudiziaria si chiuda qui. Nel Pd sono preoccupati che possa arrivare un avviso di garanzia al padre della ministra Boschi. Il che comporterebbe nuove polemiche e nuovi contraccolpi. Per questa ragione il presidente del Consiglio continua a ripetere ai suoi che occorre «voltare pagina». Il premier, però, sa anche che questo non basta: non è sufficiente cercare di rassicurare i risparmiatori. Ci vuole «un intervento forte per cambiare il sistema bancario», bisogna dimostrare che questo governo «al contrario dei precedenti» non intende «lasciare le cose come stanno»: «I miei predecessori — ragiona Renzi con i collaboratori — hanno fatto un grosso sbaglio a non consolidare il sistema bancario italiano e ora noi non possiamo sottrarci a questa responsabilità. Tocca al nostro governo provvedere in questo senso».
E con la stessa determinazione, secondo il presidente del Consiglio, bisogna spingere per la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta monocamerale, composta da una ventina di esponenti. In questo modo si darà il segnale che l’esecutivo «non ha paura di accertare la verità, perché ha sempre agito con trasparenza ed è quindi suo interesse che questo organismo prenda vita».