Corriere 10.12.15
Derivati, ecco quanto ci costano
di Milena Gabanelli
il primo rapporto sul debito pubblico è sul sito del ministero dell’Economia: 2.199 miliardi, tra cui i 160 miliardi in derivati, già costati all’erario negli ultimi 4 anni 16,9 miliardi, e con una perdita potenziale di oltre 40.
Finalmente tutti coloro che vogliono sapere cosa sta succedendo al nostro debito pubblico sono serviti: il primo rapporto sul debito pubblico italiano è online, sul sito del Ministero dell’Economia. Lo ha scritto la direzione di Maria Cannata, ovvero colei che di quei 2.199 miliardi di debito sa tutto perché lo gestisce da 15 anni. Sa tutto anche della parte più opaca che riguarda i 160 miliardi in derivati, già costati all’erario negli ultimi 4 anni 16,9 miliardi, e con una perdita potenziale di oltre 40. Peccato che a questo «bubbone» vengano dedicate solo 2 paginette, ma la cosa non stupisce dato che nessuno può vedere i contratti, neanche i parlamentari della Repubblica. Eppure di cose da spiegare ce ne sarebbero, a partire dalla probabilità che il Tesoro, nei prossimi 5 anni, paghi 15 miliardi di quei 40.
Secondo i calcoli del Nens di Vincenzo Visco, la probabilità sarebbe del 95%. Inoltre grazie ai derivati la durata del debito pubblico è stata allungata di 80 giorni, e questo ci costerà, per ogni giorno in più, mezzo miliardo di euro. Ne vale la pena? Non si sa, dato che il Tesoro si guarda bene dal rendere pubblici i contratti, nonostante il premier Renzi un anno fa avesse detto che sarebbero stati messi sul sito web del Tesoro.
Tornando alle due paginette, nonostante la stringatezza qualche informazione si riesce ad estrapolare, e riguarda le grandi banche, sopratutto estere, che hanno fatto derivati con lo Stato. Si legge: «La costante discesa dei tassi di mercato ha prodotto … le condizioni per l’attivazione di nuovi Irs a tasso fisso attraverso l’esercizio di opzioni in precedenza vendute dal Tesoro». Tradotto: le banche hanno esercitato clausole per cui il ribasso dei tassi non determinerà una minore spesa per interessi per lo Stato. Quindi anche se Draghi ha portato i tassi sotto zero noi continuiamo a pagare. Sarebbe bene sapere per quanti miliardi di debito pubblico, e per quanto tempo, abbiamo preso l’impegno a pagare tassi fissi più alti di quelli di mercato: 1, 10 o 100 miliardi?
Poco dopo si legge: «...Il contenimento dell’esposizione delle banche controparti è stato funzionale a massimizzare l’attività degli intermediari nelle aste del debito pubblico». Tradotto: le banche ci hanno chiesto di fare operazioni in derivati o ristrutturazioni per ridurre la loro esposizione al rischio-Italia, e noi le abbiamo assecondate, altrimenti non avrebbero comprato i nostri titoli di Stato. Quindi ci hanno preso per il collo, e paghiamo pure il “pizzino”, visto che dal 2014 i tassi sono sempre stati calanti e ora addirittura sono negativi?
Interessante la parte dedicata alle swaption: «…Si è intervenuti a rimodularne le condizioni e ad allungare la duration della posizione per il Tesoro, posponendo la data di esercizio dell’opzione, estendendo la scadenza dello swap sottostante e riducendo proporzionalmente il tasso fisso che il Tesoro verrebbe a pagare in caso di esercizio su un nozionale incrementato. Ciò si è sostanziato nel riacquisto della swaption originaria, finanziato con la vendita della nuova, con le caratteristiche di durata e di tasso menzionate». Arduo districarsi … il significato però dovrebbe essere: caro Tesoro, stai messo male con quel derivato, talmente male che ne devi fare un altro ancora peggiore, i cui danni si manifesteranno più in là nel tempo e intanto per quest’anno è tutto a posto.
Poi c’è il derivato su valute. Si legge che «costituiva la copertura di un titolo trentennale da 250 milioni di sterline inglesi e il Tesoro, trovandosi in posizione creditoria, ha incassato circa 75 milioni. … Per il titolo in sterline, viste le difficoltà del Tesoro nel porre in essere una nuova copertura e considerata la dimensione limitata del bond che sarebbe rimasto esposto alle fluttuazioni del cambio, si è preferito rinunciare temporaneamente a coprire l’esposizione in valuta». Per i comuni mortali ciò significa che abbiamo battuto cassa e ora siamo senza copertura sul rischio di cambio per 250 milioni di sterline. Visto che l’euro si è svalutato del 15% (come prevedibile effetto del Quantitative Easing), le perdite di oggi controbilanciano l’incasso dei 75 milioni del 2014? Chi lo sa!
Comunque Maria Cannata a modo suo e fra le righe, le cose le ha scritte. Se poi un domani la Corte dei Conti o una Procura della Repubblica dovessero chiedere conto di tutte le carte per capire le ragioni per le quali sono state fatte operazioni dannose per lo Stato, potrà sempre dire: «Ma io la relazione l’ho inviata al Governo, alla commissione finanza, ai rami del Parlamento, se non hanno capito e non è stato posto rimedio, che c’entro?»