Repubblica 25.11.15
Le sanzioni alla Russia una chiave per la Siria
di Moisés Naím
LA MATTINA l’Unione Europea fa fronte al terrorismo islamista e la sera cerca di contenere l’imperialismo russo. Così, in Siria, l’Europa si ritrova militarmente alleata alla Russia di Vladimir Putin, mentre in Ucraina cerca di contenere gli appetiti imperiali di… Vladimir Putin.
In Siria la forza aerea russa bombarda i bastioni dello Stato islamico in stretto coordinamento con le forze militari dei Paesi che fanno parte della coalizione anti Is. In rappresaglia alla condotta bellicosa del Cremlino in Europa orientale, l’Unione Europea ha imposto alla Russia severe sanzioni economiche. Con la sua decisione di prendersi la Crimea, destabilizzare l’Ucraina per riportarla nella sua sfera di influenza e minacciare i Paesi baltici, Putin è riuscito a fare quello che decenni di riunioni al vertice e manifesti non erano riusciti a ottenere: un’Europa unita e capace di prendere decisioni difficili in politica estera, e mantenerle con sorprendente disciplina.
Anche lo Stato islamico è riuscito a produrre cambiamenti non meno sorprendenti: un’Europa potenzialmente disposta ad allearsi con la Russia per fronteggiare militarmente la minaccia jihadista in Siria. Ma non è tutto: Daesh è riuscito a fare in modo addirittura che due nemici giurati come Iran e Stati Uniti coordinassero le proprie azioni militari in Siria e in Iraq contro di lui. E ha indotto Iran e Russia ad abbandonare le diffidenze e rivalità reciproche per collaborare alla difesa del regime di Bashar al Assad.
Tutto questo era inimmaginabile fino a poco tempo fa. Ed è una situazione, oltre che sorprendente e ingarbugliata, anche molto instabile. È poco probabile che questi accomodamenti di convenienza fra nazioni che continuano a perseguire interessi diversissimi possano preservare queste alleanze e accordi nel lungo periodo. È improbabile (anche se non impossibile) anche che l’Europa mantenga a lungo le sanzioni contro la Russia. Dal punto di vista formale, la loro rimozione dipende dal raggiungimento di un cessate il fuoco permanente fra il governo ucraino e i movimenti separatisti armati e patrocinati dal Cremlino. L’attuale regime di sanzioni contro la Russia scadrà a gennaio, e anche se i leader europei hanno dichiarato la loro intenzione di prorogarlo, gli attentati di Parigi e la sensazione generalizzata che la priorità sia rafforzare le difese dell’Europa contro il terrorismo islamista stanno minando il consenso per una linea dura contro il Cremlino. È evidente che gli europei abbiano molta più paura del terrorismo islamista che dell’imperialismo russo.
Peraltro, Putin sembra aver abbandonato i suoi atteggiamenti più belligeranti ed espansionisti. La Russia ha già ritirato una parte importante delle sue truppe dalla zona del conflitto e i leader separatisti ucraini (che sono controllati dal Cremlino) dichiarano sempre più spesso che la guerra è finita. Recentemente la Russia ha sorpreso il governo di Kiev offrendogli aiuto per ristrutturare il suo debito estero e sostegno per stabilizzare l’economia. E il Putin che partecipa ai vertici internazionali è meno pugnace del Putin che pronunciava discorsi minacciosi sulla “Nuova Russia” decisa a recuperare territori perduti e protagonismo sulla scena globale. Ma quello era il Putin che godeva della sicurezza che gli dava vendere petrolio a più di 100 dollari al barile (ora il prezzo al barile è di 60 dollari, e Mosca avrebbe bisogno che salisse oltre i 110 per riportare in equilibrio i suoi conti).
Non c’è da stupirsi, quindi, che Putin abbia interesse a fare quanto serve per ottenere la rimozione delle sanzioni, che sono costate finora all’economia russa l’1 per cento del prodotto interno lordo.
È possibile che l’avventura militare di Putin in Siria serva a «comprare» alla Russia un alleggerimento delle sanzioni. È plausibile che una delle motivazioni dell’intervento militare nel Paese mediorientale fosse quella di impedire la caduta di Assad, ma non c’è dubbio che un’altra ragione era quella di trasformarsi in un attore indispensabile in quel drammatico scacchiere, insieme all’Europa, agli Stati Uniti e agli altri Paesi della regione coinvolti nel conflitto. Forse nei negoziati non viene detto in modo così brutalmente esplicito che l’alleanza contro il terrorismo islamista non può accompagnarsi alle sanzioni imposte alla Russia dai suoi alleati per le vicende ucraine. Però è evidente che ora Putin ha in mano una carta che userà senz’altro.
Tuttavia, per il momento Europa e Stati Uniti hanno annunciato che prorogheranno l’embargo alla Russia per almeno altri sei mesi. Così, se l’Europa riuscirà a restare unita, non rimuoverà prematuramente le sanzioni e continuerà a fare pressioni perché Putin rinunci alle sue pretese di «recuperare» l’Ucraina, forse si riuscirà a ottenere un buon risultato: limitare per un certo tempo le avventure imperiali di Putin in Europa e conquistarsi un importante alleato nella lotta contro lo Stato islamico. Non sarebbe male.
Twitter @ moisesnaim Traduzione di Fabio Galimberti