venerdì 20 novembre 2015

Repubblica 20.11.15
Una petizione al governo per aiutare i piccoli migranti
Nel 2015 il 92% in più di richieste di asilo di bimbi in Europa
di Laura Montanari


Quanti ne abbiamo perduti, quanti sono stati inghiottiti dal freddo, da un’onda, per una mano che non è arrivata in tempo. Sono circa 700 i bambini morti nel 2015 nelle incerte e disperate traversate del Mediterraneo. Dalle coste dell’Africa, dalla Grecia o dai Balcani. È una stima, certo, nessuno ha la geografia esatta dei lutti, ma è firmata dall’Unicef che racconta nell’ultimo rapporto l’epidemia delle violenze sui minori: dai bambini soldato agli abusi sessuali, dallo sfruttamento sul lavoro alla malnutrizione. “La crisi dei rifugiati e dei migranti in Europa è una crisi che colpisce drammaticamente i bambini”, si legge nelle pagine che ci inchiodano alle cifre. “Nei primi otto mesi di quest’anno, rispetto al 2014, si è verificato un aumento del 92% dei piccoli richiedenti asilo in Europa”. Significa che un richiedente su quattro è un bambino, “700 al giorno, da gennaio a settembre 2015 fanno circa 190mila”. Siamo pronti? L’Unicef sta promuovendo la petizione “Indigniamoci” per chiedere fondi e un impegno preciso al governo italiano ( www. unicef. it/ indigniamoci) sul tema dell’immigrazione.
Chi viene nel Vecchio Continente si aspetta prima di tutto un porto al riparo dalle guerre: “Nessuno mette i propri figli su una barca, a meno che l’acqua non sia più sicura della terraferma”, scrive Warsan Shire, poetessa africana. I “ragazzi in cammino” che si lasciano alle spalle i villaggi bombardati o i fantasmi della povertà, che fanno altrettanta paura, sono cresciuti di numero in maniera esponenziale: “Quelli che viaggiano non accompagnati sono sei volte di più: da 932 registrati ad agosto a 5.576 registrati a ottobre nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia”. I bambini soli che hanno chiesto asilo all’Unione Europea dal 2014 a oggi sono 23.160, ma quelli che dal 2014 hanno abbandonato le proprie case a causa delle guerre sono 30 milioni. Nelle cifre ci si perde, ma dietro a ogni unità c’è un bisogno che grida, una storia: c’è necessità di un luogo dove poter riposare, uno spazio sicuro per giocare, una nutrizione adeguata, abiti e servizi igienici.
In una parola, serve sostegno per rispettare il diritto di tutti al futuro. «L’intervento sull’infanzia è fondamentale », spiega Giacomo Guerrera, presidente dell’Unicef Italia. «Siamo davanti a flussi migratori biblici. Noi attraverso le donazioni che riceviamo siamo impegnati in 190 Paesi a far crescere non soltanto il singolo ma un’intera comunità. Una volta in Ciad incontrai un capo villaggio che mi mostrò alcune derrate alimentari e mi disse che a loro non servivano quelle cose, se le avesse date alla sua gente avrebbero smesso di coltivare il campo; lui voleva invece che noi insegnassimo loro a coltivare meglio per produrre quelle stesse cose».
I numeri del rapporto Unicef 2015 sono a ogni capitolo un dito indice puntato contro il mondo: “Si stima siano 232 milioni i bambini che vivono in zone coinvolte in conflitti», si legge. «Il 36% di quelli che non vanno a scuola provengono da quelle aree». Soltanto in Siria si contano 7,6 milioni di sfollati e i piccoli che hanno trovato rifugio in Egitto, Iraq, Giordania, Libano e Turchia sono 2 milioni. Ma non ci sono soltanto le guerre o le carestie: per esempio 200 milioni di bambini nel mondo soffrono di malnutrizione, anche se grazie all’impegno dell’Unicef e di altre organizzazioni umanitarie il tasso è in diminuzione: dal 1990 al 2014 è passato infatti dal 39,4 al 23,8%.