venerdì 27 novembre 2015

«Nel 1980 uccise la moglie. Fu dichiarato mentalmente infermo»
La Stampa 27.11.15
“Vi racconto la guerra tra idealisti e materialisti”
Esce per la prima volta in Italia La filosofia per non filosofi un manuale che il filosofo francese aveva tenuto nel cassetto
di Louis Althusser


Louis Althusser (1918-1990) è stato un filosofo francese e uno dei più importanti protagonisti dello strutturalismo degli Anni 60. Intraprende gli studi filosofici all’Ècole normale supérieure di Parigi dove continua l’ attività accademica fino al 1980. Nello stesso anno uccide la moglie. È dichiarato mentalmente infermo

Questo breve saggio si rivolge a tutti quei lettori che si considerano, a torto o a ragione, dei «non-filosofi» e che, tuttavia, desiderano farsi un’idea della filosofia.
Che cosa dicono i «non filosofi»?
L’operaio, il contadino, l’impiegato dicono: «Noi non sappiamo niente di filosofia. Non fa per noi, è per intellettuali specializzati. È troppo difficile. Nessuno ce ne ha mai parlato, perché abbiamo abbandonato gli studi troppo presto».
Il dirigente, il funzionario, il medico dicono: «Abbiamo studiato filosofia, ma era troppo astratta. Il professore era bravo ma oscuro. Ci siamo dimenticati tutto. E poi, a che cosa può servire la filosofia?».
I professori
Un altro dice: «Scusate, ma a me la filosofia interessava molto. Devo ammettere che avevo un professore appassionante e con lui la filosofia era comprensibile. In seguito, però, ho dovuto guadagnarmi da vivere e quindi, visto che le giornate hanno solamente ventiquattr’ore, ho lasciato perdere. È un peccato».
E se chiedete a tutti loro: «Se dunque non vi considerate filosofi, chi sono allora, secondo voi, gli uomini che meritano questo nome?», risponderanno in coro: «I professori di filosofia, ovviamente!».
Ed è assolutamente vero: a parte coloro che, per ragioni personali, cioè per piacere o necessità, continuano a leggere autori filosofici, quindi a «fare filosofia», i soli che meritano di essere chiamati filosofi sono proprio i professori di filosofia. [...]
Andiamo avanti e diamo un’occhiata discreta ai professori di filosofia: hanno un marito o una moglie come tutti, e anche dei figli, se ne hanno voluti. Mangiano e dormono, soffrono e muoiono come gli altri. Possono amare la musica e lo sport, fare politica oppure no. Niente di tutto questo fa dunque di loro dei filosofi.
Un mondo chiuso
Ciò che li rende tali è il loro vivere in un mondo a parte, un mondo chiuso, costituito dalle grandi opere della storia della filosofia. Un mondo che, apparentemente, non ha un fuori. I professori di filosofia vivono con Platone, Descartes, Kant, Hegel, Husserl, Heidegger, ecc. E cosa fanno (i migliori, beninteso)? Leggono e rileggono all’infinito le opere dei grandi autori, confrontandole e differenziandole, da un capo all’altro della storia, per comprenderle meglio. Questa rilettura perpetua è quanto meno sorprendente: i professori di matematica o di fisica, o di una qualunque altra materia, non rileggeranno mai in continuazione un trattato di Matematica o di Fisica, «ruminandolo» a tal punto.
Certo, trasmettono le conoscenze, spiegandole e dimostrandole, poi basta, non ci tornano più sopra. Al contrario, la pratica della filosofia consiste proprio nel ritornare continuamente sui testi. Il filosofo ne è ben consapevole e ve ne spiega per di più la ragione: un’opera filosofica non svela il suo senso, il suo messaggio, alla prima lettura, poiché è sovraccarica di senso, è per natura inesauribile e come infinita; ha sempre qualcosa di nuovo da dire a colui che sa interpretarla.
La pratica della filosofia non è una semplice lettura e neppure una dimostrazione. Essa è interpretazione, interrogazione, meditazione; il suo scopo è far dire ai grandi testi quello che vogliono dire, o possono voler dire, mostrare la Verità insondabile che questi contengono, o che indicano silenziosamente conducendoci verso di essa.
Di conseguenza, questo mondo senza un «fuori» è un mondo senza storia. Pur essendo costituito dall’insieme delle opere consacrate dalla storia, non ne ha tuttavia una. Prova ne sia che il filosofo, per interpretare un passaggio di Kant, potrà invocare tanto Platone quanto Husserl, come se non ci fossero ventitré secoli a separare i primi due e un secolo e mezzo tra il primo e l’ultimo, a dimostrazione del fatto che poco importano il prima e il dopo.
Senza storia
Per il filosofo tutte le filosofie sono, per così dire, contemporanee. Si rispondono le une alle altre facendosi eco, perché, in fondo, non fanno altro che rispondere alle stesse domande, su cui si fonda la filosofia. Da questo deriva la celebre tesi che «la filosofia è eterna». Come si può vedere, affinché la rilettura perpetua e il lavoro di meditazione ininterrotto siano possibili, è necessario che la filosofia sia al tempo stesso infinita (ciò che «dice» è inesauribile) ed eterna (tutta la filosofia è contenuta in nuce in ogni filosofia). [...]
Il lettore dirà adesso che, quella appena descritta, è una situazione limite, una tendenza estrema, che esiste certo, ma che le cose non stanno sempre così. In effetti, il lettore ha ragione: ciò che abbiamo appena descritto è, in forma relativamente pura, la tendenza idealista, la pratica idealista della filosofia.
È possibile però filosofare in tutt’altro modo. A riprova di questo, nella storia, certi filosofi, che chiameremo materialisti, hanno filosofato diversamente, e alcuni professori di filosofia tentano di seguire il loro esempio. Essi non vogliono più vivere in un mondo separato, ripiegato sulla sua interiorità, ma uscirne e vivere all’esterno; vogliono che tra il mondo della filosofia, che esiste, e il mondo reale si stabiliscano scambi fecondi. Per loro è questa la funzione della filosofia. Mentre gli idealisti pensano che la filosofia sia prima di tutto teorica, i materialisti sostengono che la filosofia sia prima di tutto pratica, che venga dal mondo reale e produca in questo, senza saperlo, degli effetti concreti.
Le due porte
Noterete che, a dispetto della loro profonda opposizione agli idealisti, i filosofi materialisti possono essere, diciamo così, «d’accordo » con i loro avversari su diversi punti, come per esempio sulla tesi che la filosofia non si insegna, pur non attribuendole lo stesso significato. La tradizione idealista difende, infatti, questa tesi ponendo la filosofia al di sopra delle conoscenze, e chiamando gli uomini a risvegliare dentro loro stessi l’ispirazione filosofica. La tradizione materialista, invece, non eleva la filosofia al di sopra delle conoscenze, ma invita piuttosto gli uomini a cercare la materia per imparare a filosofare al di fuori di loro stessi, nella pratica, nelle conoscenze e nella lotta sociale, senza tuttavia trascurare le opere filosofiche. Si tratta di una sfumatura, certo, ma carica di conseguenze.
Il significato
Prendiamo un altro esempio, al quale l’idealismo tiene moltissimo: il carattere inesauribile delle opere filosofiche, che differenzia evidentemente la filosofia dalle scienze. Il materialismo è «d’accordo» nel riconoscere il fatto che un’opera filosofica non può ridursi al testo letterale, diciamo alla sua superficie, poiché essa è sovraccarica di senso; si spinge perfino oltre, riconoscendo, proprio come l’idealismo, che questo sovraccarico di senso risiede nella «natura» della filosofia! Dato però che ha della filosofia una concezione completamente diversa dall’idealismo, il sovraccarico di senso di un’opera filosofica non esprime per il materialismo il carattere infinito dell’interpretazione, bensì l’estrema complessità della funzione filosofica. Se un’opera filosofica è sovraccarica di senso, allora deve, per poter esistere come filosofia, unificare un gran numero di significati. Si tratta di una sfumatura, certo, ma carica di conseguenze.
Ed ecco, infine, un ultimo esempio: la ben nota tesi idealista che tutte le filosofie sono contemporanee, che la filosofia è in qualche modo «eterna», e che non ha una storia. Per quanto paradossale possa sembrare, il materialismo può concedere, con riserva, il suo «accordo» su questa tesi. Con riserva, perché il materialismo sostiene che nella filosofia si produce della storia, che avvengono dei fatti, dei conflitti e delle rivoluzioni reali che modificano il «paesaggio» della filosofia. A parte questa riserva, il materialismo considera a suo modo che «la filosofia non ha storia», nella misura in cui la storia della filosofia è la ripetizione di uno stesso conflitto fondamentale, che oppone, in ogni filosofia, la tendenza materialista a quella idealista. Si tratta ancora di un dettaglio, certo, ma carico di conseguenze.