domenica 29 novembre 2015

La Stampa 29.11.15
Lavoro e orario, sindacati contro Poletti
Il ministro tiene il punto: l’ora non può essere l’unico parametro di misura Camusso attacca: vuole apparire come Ufo Robot per risolvere tutti i problemi
di P. Bar.


Il ministro del Lavoro tiene il punto. Premette che non vuol «far polemiche col sindacato» e che la posizione del governo sui contratti «non è cambiata», ma però poi ripete che «l’ora-lavoro non può essere l’unico parametro per misurare il rapporto tra lavoratore e opera realizzata, viste le novità che avanzano nel mondo». I sindacati invece alzano i toni della loro protesta.
Il muro di Cgil, Cisl e Uil
«Dietro c’è un’idea precisa: apparire come Ufo robot per risolvere tutti i problemi dei lavoratori. Peccato che le condizioni della gente normale invece peggiorino», attacca il segretario generale della Cgil Susanna Camusso mentre sfila per le vie di Roma durante la manifestazione sul pubblico impiego. L’idea del ministro, aggiunge, «è che non ci siano più regole per i diritti dei lavoratori. Ma lui non conosce come è fatto il lavoro, che rapporto c’è tra la fatica e il tempo che lavori. Vorrei vederlo a tradurre ciò che ha detto nella concretezza del lavoro quotidiano delle persone». Per la leader della Cisl Anna Maria Furlan quelle di Poletti sono «battute non condivisibili su un tema troppo serio. Un’uscita estemporanea». «Così non va - incalza Carmelo Barbagallo (Uil) -. Poletti è entrato a gamba tesa sul rinnovo dei contratti. Se vogliamo discutere seriamente, siamo pronti. Ma se si pensa con slogan giornalistici di attaccare la contrattazione, secondo un neoliberismo selvaggio, allora sbaglia tempo e modo». «Di offesa alle persone che lavorano e che sono retribuite troppo poco», parla invece il segretario della Fiom Maurizio Landini. Semmai, sostiene, «l’orario di lavoro andrebbe ridotto e redistribuito per aumentare l’occupazione», mentre il governo «dovrebbe defiscalizzare il contratto nazionale anziché quelli aziendali, per favorire la riunificazione del lavoro garantendo i diritti». L’esatto contrario di quello che chiede l’ex ministro Maurizio Sacconi, che vuole alzare a 6000 euro il plafond del salario detassato per collegare sempre più stipendi e produttività.
E il nuovo che avanza?
Poletti, che ieri parlava a Udine, ha indicato l’accordo aziendale della Ducati come esempio da seguire, quindi ha cercato di chiarire meglio il suo pensiero. «Guardando al futuro e anche all’oggi del lavoro - ha spiegato - continuo a pensare che abbiamo nuovi lavori, nuove tecnologie che ci permettono di lavorare non in un determinato luogo, ma in situazioni che sono le più diverse. Insomma abbiamo elementi nuovi che non si riescono a condensare in un unico parametro che è l’ora di lavoro». Detto questo, «la valutazione oraria c’è e io ho solo detto non consideriamo questa l’unico metro attraverso il quale si può misurare la relazione tra una persona e l’opera». «In giro per il mondo - ha spiegato - ci sono strumenti che aiutano a rendere più stretta la relazione tra il lavoratore e il lavoro che fa e guardando avanti questa è una cosa che bisogna fare. E questo non è un attentato ai diritti, figuriamoci. Salvaguardare le tutele storiche va bene ma non può diventare la ragione per la quale non vediamo ciò che cambia e non ci preoccupiamo di costruire strumenti adatti anche a queste novità».
Il nodo dei contratti
Quanto ai contratti, a fronte dei timori dei sindacati, il ministro ha ribadito che la posizione del governo è quella «arcinota». «Abbiamo detto che le preferiamo che le parti sociali si confrontino e arrivino ad un intesa sulla materia che è tipica delle parti stesse. Questa è una idea che abbiamo sempre avuto e che non abbiamo assolutamente cambiato. Se passa troppo tempo rifletteremo su che cosa fare. Ma in questo momento la scelta prioritaria è quella che le parti cerchino e trovino, se ce la fanno, e io mi auguro proprio di sì, un accordo».