domenica 22 novembre 2015

La Stampa 22.11.15
Nietzsche filosofo della vertigine
di Federico Vercellone


La fortuna del pensiero nietzschiano è davvero inesauribile, come Nietzsche del resto prevedeva. Decisivi per affermare questa fortuna filosofica sono gli anni trenta del secolo scorso. Nel contesto di un grande conflitto esegetico avviato da Alfred Bäumler, che aprì il cammino all’interpretazione nazionalsocialista di Nietzsche, per venire sino a Martin Heidegger, il pensiero nietzschiano venne profilandosi molto paradossalmente, dato il suo carattere per lo più frammentario, come un organismo compatto quasi dotato di geometrica coerenza. In questo modo Nietzsche divenne un filosofo a tutto tondo, apparve come l’ultimo grande pensatore sistematico capace di collocarsi ai margini del proprio mondo e di descriverne sofferente la catastrofe.
A distanza di quasi un secolo ci si accorge che le cose, nel caso di Nietzsche, sono molto lontane da quel tipo di interpretazioni forse troppo condizionate dalla sensibilità di un’epoca e dai suoi traumi. Ce lo dimostra in modo efficace la nuova eccellente edizione della Gaia scienza edita da Einaudi a cura di Carlo Gentili che correda il testo di un importante saggio introduttivo.
Qui si presenta un Nietzsche molto più consentaneo alla nostra sensibilità un po’ algida e straniata a causa del disorientamento prodotto dal mondo globalizzato. Nietzsche, a ben vedere, è uno scettico e un prospettivista. Certo l’aforisma 125 della Gaia scienza annunzia drammaticamente la morte di Dio, ma la preoccupazione del filosofo non è innanzi tutto religiosa. Il dio che muore non è il dio religioso già morto da tempo agli occhi di Nietzsche. E’ un suo derivato, è il dio come principio di verità, come centro della prospettiva, che viene meno, così che lo sguardo si annebbia disperdendosi su direttive infinite. Contemporaneamente viene meno il mondo. Giunti a questo punto, come possiamo sottrarci alla vertigine totale, all’idea che anche questa filosofia prospettivistica null’altro sia a sua volta se non una delle possibili prospettive? Una delle molte.
La conoscenza diviene allora un cammino infinito condotto in un’altrettanta infinita incertezza e libertà, diviene quel conflitto di mille e mille interpretazioni che è poi il nostro mondo, cioè quell’Occidente incerto e tuttavia ancora una volta testimone sofferente della libertà grazie alla sua eredità cristiana.